dimanche, janvier 23, 2011

“Volevamo un nero incazzato ma non c’è”. F.to Seymour Hersh

“Volevamo un nero incazzato ma non c’è”. F.to Seymour Hersh - [ Il Foglio.it › La giornata ]
“Volevamo un nero incazzato ma non c’è”. F.to Seymour Hersh

di Mattia Ferraresi  ilfoglio.it  20110123

Negli ultimi anni il governo americano ha tenuto nascosto al pubblico dettagli scabrosi sulla guerra in Afghanistan e sulle operazioni antiterrorismo, ha seppellito la verità sulle forze segrete che hanno spinto George Bush e Dick Cheney a dichiarare la guerra globale al terrore, ha omesso di raccontare che questi eterodiretti manipolatori della realtà si sono infiltrati anche nelle stanze del più ripulito Barack Obama. La verità? Il metodista Bush è la mente di una crociata globale per difendere la chiesa cattolica, il generale McChrystal (licenziato da Obama, ma attualmente rappresentato in pectore nella gerarchia militare dal suo figlioccio William McRaven) è un Cavaliere di Malta, le forze speciali dell’esercito sono dell’Opus Dei; tutti muovono le pedine dello scacchiere globale con il preciso scopo di sconfiggere i musulmani e difendere il cristianesimo dagli attacchi dell’odiato saraceno.

Meno male che a raccontare tutto questo c’è Seymour Hersh, leggendario giornalista del New Yorker, quello che in Vietnam ha scoperto e raccontato il massacro di My Lai insabbiato dagli americani, quello che ha svelato i dettagli della prigione di Abu Ghraib; ma anche lo stesso che sostiene che Kennedy avesse una moglie segreta, che trattasse con la mafia, che gli ebrei abbiano pagato Hillary Clinton per andare giù pesante con l’Iran, quello che era certo che Bush avrebbe attaccato Teheran e che l’America oggi lasci al Pakistan libertà di armeggiare con il suo arsenale nucleare in cambio di un’alleanza di ferro anti iraniana. Nei salotti del giornalismo perbene, il sacerdote delle fonti anonime Hersh brilla per scomodità, si distingue per l’animosità con cui conduce la sua battaglia titanica contro il potere costituito, ma per lo storico Arthur Schlesinger Jr., che di giornalisti nella vita ne ha incontrati molti, Hersh era “il più cialtrone di tutti”.

Quando scrive per il New Yorker, magazine serissimo, il linguaggio di Hersh è sempre sorvegliato, le fonti credibili e i fatti verificabili, ché il pezzo dovrà passare fra le mani dell’ufficio di fact-checking, che non ammette appelli: le parti che non possiamo verificare saranno censurate. Quando parla, invece, Hersh rivela la sua natura complottifera e può lasciare che il giornalista mannaro che è in lui si goda il plenilunio. Lunedì ha parlato in una conferenza a Doha, in Qatar, nel distaccamento mediorientale della Georgetown University e lì ha srotolato la sua ultima teoria, quella a sfondo crociato.

L’attitudine data da Cheney ai conflitti era quella di “convertire le moschee in cattedrali e la maggioranza del comando delle forze speciali coltiva ancora questo proposito”. McChrystal e l’ammiraglio McRaven sono “Cavalieri di Malta”, ma non nel senso dell’organizzazione di solidarietà verso i poveri; “molti nell’esercito sono membri dell’Opus Dei. Il loro atteggiamento non è un’eccezione nei ranghi militari: stanno facendo una crociata, letteralmente. Si considerano i difensori della cristianità dai musulmani, come nel tredicesimo secolo. Questa è la loro funzione”. Giustamente sbigottito, il pubblico potrebbe chiedersi com’è possibile che un’organizzazione trasversale controlli gli sforzi di una nazione, chi sono i suoi membri, come si riconoscano fra loro. Il vecchio Seymour ha una risposta per tutti: “Hanno delle insegne di riconoscimento, dei piccoli medaglioni che si passano a vicenda. Quelle sono le medaglie dei crociati”. E che dire della Tunisia? Potrebbe la caduta di Ben Ali non rientrare nello schema? “Era un ottimo alleato”, dice Hersh, convinto che con la rivolta orchestrata a Tunisi i crociati abbiano ottenuto una vittoria che “farà paura a un sacco di gente”. E la colpa di tutto questo non è solo del cattivo, Bush, quello che un giornalista italiano altrettanto ben informato chiamava non a caso “Goffredo di Buglione”; anche Obama è connivente: “Proprio quando avevamo bisogno di un nero incazzato, non l’abbiamo trovato”, ha detto in segno di insoddisfazione per la direzione presa dalla Casa Bianca in politica estera, sapendo che nessun giornale serio gli permetterebbe di scriverlo.


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