jeudi, janvier 13, 2011

Presidente Fini, tutto qui?

Il Riformista


di Peppino Caldarola   ilriformista.it    20110114

Patto di pacificazione. Proposta senza contenuti.

Nella foto il presidente della Camera, Gianfranco Fini
Fini, come Casini due giorni fa, ha proposto a Berlusconi un patto di pacificazione immediatamente respinto dal premier. L’intervista del presidente della Camera, letta nella chiave del Terzo Polo, conferma l’idea che l’area moderata di destra cerca spasmodicamente di aprirsi un varco fra i due schieramenti maggiori ponendosi come forza di intermediazione. Nessuno li ha chiamati, ma i due “caschetti” blu si sono presentati al cheek point rischiando di fare la fine del vigile di Alberto Sordi alle prese con un compito superiore alle sue forze.
algrado gli interventi di Casini e di Fini siano ispirati alla volontà di evitare il voto anticipato e di sbloccare il governo dalla palude in cui nuota, il dato politico prevalente delle due interviste è il posizionamento che si cerca di dare alla nuova aggregazione politica in vista di un voto anticipato. Se Berlusconi cerca parlamentari “ragionevoli” nel suk del Transatlantico per continuare a governare, i suoi due ex alleati vogliono fornire all’elettorato la possibilità di orientarsi verso un polo politico “ragionevole” che si dichiara estraneo al conflitto.
Per Casini questo approdo è più naturale. Il leader dell’Udc ha smussato i toni della sua polemica con la maggioranza di centrodestra e da mesi propone una soluzione di compromesso per la crisi politica. Fini, invece, è stato il protagonista della più dura contrapposizione al berlusconismo degli ultimi mesi, in una battaglia finita con la sconfitta parlamentare per colpa della defezione di alcuni deputati dipietristi e di tre finiani pentiti.
Il presidente della Camera, nell’intervista alla Repubblica che segue quella al Corriere della sera del suo amico ritrovato, ammette la sconfitta e conclude dicendo che «non ci si può dividere nel dire che gli ultimi sei mesi non hanno rappresentato un successo per nessuno» e avverte che «sarebbe molto pericoloso continuare a pensare che i prossimi sei mesi saranno come i precedenti». Tuttavia fra i sei mesi trascorsi e i prossimi c’è di mezzo una differenza di analisi che il presidente della Camera mostra di voler oscurare.
Il conflitto con Berlusconi nacque, infatti, sulla base di tre idee propagandate proprio da Fini alla vigilia del voto nell’intervista tv a Lucia Annunziata: il carattere antidemocratico del Pdl, il fallimento della strategia riformista del governo, la crisi finale del berlusconismo rappresentato a tinte persino più fosche di quanto abbia mai fatto l’opposizione di sinistra. Nella nuova strategia finiana, delineata ieri, tutti questi elementi scompaiono e il problema messo al centro del dibattito sembra essere la necessità di trovare punti di accordo per impedire l’implosione politica del paese.
È del tutto evidente che il presidente della Camera non ha solo cambiato tattica non chiedendo più le dimissioni del governo, ma ha mutato anche strategia ancora una volta ritenendo possibile fare con questa maggioranza, sussidiata da lui e da Casini, quelle cose di cui la riteneva strutturalmente incapace. Fini, come Casini, accompagna questa proposta di pacificazione, che rappresenta una drastica correzione di rotta per il suo nascente partito, dall’assenza di indicazioni programmatiche su cui convergere.
Fini fa riferimento alla cultura della Grosse Koalition ma, come il suo partner, si guarda bene dall’indicare i contenuti su cui chiamare i berlusconiani alla prova della condivisione. Fini, in verità, corregge l’aperturismo di Casini sul tema del federalismo ma, a pochi giorni di distanza dal voto sul federalismo fiscale, tace sulle intenzioni della sua parte politica. Il paradosso della proposta di pacificazione sta proprio in questo impianto generico che invece di chiarificare il quadro politico lo rende ancora più confuso e pasticciato.
Dopo il lungo periodo di silenzio seguito alla sconfitta del 14 dicembre era normale aspettarsi qualcosa di più dal protagonista principale del fallito assalto al governo. L’aspetto singolare di tutta questa storia è che mentre le scosse di assestamento che hanno squassato il Pdl dopo il terremoto provocato dal presidente della Camera continuano a travolgere la cittadella berlusconiana, Gianfranco Fini ha frettolosamente chiuso quel dossier. La destra maggioritaria ha indubbiamente vinto in Parlamento ma la sua situazione è tragica perché deve fare i conti a) con l’accresciuta conflittualità nel Pdl, b) con il blocco dell’iniziativa del governo, c) con le nuove tensioni con la Lega, d) con il dualismo del premier con Tremonti, d) con l’incombere di una drammatica crisi sociale e il rischio di un nuovo assalto della speculazione all’Italia.
Si sta delineando, cioè, uno scenario classico in cui le forze di opposizione sono costrette a cercare punti di raccordo valutando l’impossibilità del quadro di governo di reggere la prova. La risposta da dare nell’interesse del paese non è la proposta, peraltro rifiutata, di allargare la base parlamentare della maggioranza ma quella di stabilizzare la forza dell’opposizione sulla base di una convergenza programmatica. Fini e Casini mostrano di temere l’abbraccio con il resto dell’opposizione e soprattutto temono la reazione del loro elettorato. Non si capisce però a quale parte del paese si rivolgono con questi continui cambiamenti di fronte che rischiano di deludere i moderati antiberlusconiani e di rafforzare la diffidenza nei loro confronti del tradizionale elettorato di destra. Tra l’altro l’alleanza fra di loro non può nascondere la diversità delle storie. Casini gioca un’altra partita rispetto a quella di Fini. Fini si dichiara ancora bipolarista. Il leader dell’Udc pensa, invece, che il bipolarismo sia fallito e propone una stagione di lunga macerazione del quadro politico che alla fine dovrebbe premiare le forze di centro. Quello che viene presentato come un patto di pacificazione assume le forme di un patto di logoramento. In questo senso Casini è molto andreottiano perché si gioca la carta della consunzione dei competitors. Berlusconi lo ha capito e per questo preferisce esplorare la strada della compravendita dei parlamentari. Ma anche nel caso in cui Berlusconi accettasse, il dialogo sarebbe solo con Casini e non con Fini. Per questo il nuovo Fini, rinfrancato dalle lunghe vacanze, rischia di sprecare un’altra occasione offrendosi ai dileggi della parte che ha abbandonato dopo un duro scontro politico. Se Casini apre a Berlusconi appare troppo furbo, se lo fa Fini appare troppo arrendevole. Tutti e due, però, rischiano di fare la fine della sora Camilla, “tutti la vonno e nissuno la pija”.


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