samedi, janvier 15, 2011

Duro attacco di “Repubblica” alla Consulta

Duro attacco di “Repubblica” alla Consulta | The Frontpage
Duro attacco di “Repubblica” alla Consulta

di FR thefrontpage.it    20110114

C’è qualcosa che non torna. Il più furente contro la sentenza della Corte costituzionale sul legittimo impedimento non è Bondi, né Sallusti o Belpietro, e neppure il nostro piccolo tFP, che prova a condurre una battaglia liberale in un mondo di ultrà sanfedisti – né tantomeno Berlusconi, per motivi che vedremo fra poco. Il più arrabbiato è Giuseppe D’Avanzo, commissario del popolo per gli Affari giudiziari nonché autorevole editorialista di Repubblica.

Già l’inizio del suo commentone di oggi è minaccioso: “C’è una confortante novità e un paio di pessime notizie”. La buona nuova, scrive D’Avanzo, è che “la Consulta demolisce la legge sul legittimo impedimento”. In realtà non lo “demolisce” affatto, e anzi lo costituzionalizza, subordinandone l’applicabilità all’opinione del giudice: ma la retorica ha le sue regole, e nei partiti comunisti tutti gli interventi cominciavano con un sonoro “condivido pienamente le parole del compagno segretario”.

Veniamo dunque alle cattive notizie: la prima, secondo D’Avanzo, è che Berlusconi in un modo o nell’altro non si fa mai processare (e non sembra una gran novità); la seconda è che “avrà buon gioco perché i processi che lo attendono a Milano presto diventeranno cenere”, visto che “cinque dei sette giudici che lo stavano giudicando sono stati trasferiti ad altro incarico”. Da quel cattivone di Berlusconi? No, da altri giudici, e per motivi di carriera.

“La sentenza della Consulta non aiuta – prosegue il commissario del popolo – perché prepara ai giudici di Milano un percorso ricco di trappole e complicazioni”, come per esempio il rispetto del codice di procedura penale, la presunzione d’innocenza, il diritto alla difesa dell’imputato. Molto meglio, ci rendiamo conto, mandare i carabinieri a palazzo Chigi, tradurre il prigioniero all’Asinara riaperta per l’occasione, e chi s’è visto s’è visto.

Nella sua dura requisitoria contro l’Alta Corte, D’Avanzo non si ferma di fronte a nulla: “La nuova davvero pessima – incalza – la si scorge nelle manifeste intenzioni del premier”: le elezioni anticipate. In realtà, Berlusconi anche dopo la sentenza sembra lavorare al consolidamento, e non alla dissoluzione, della sua maggioranza, perché, pragmaticamente, preferisce sempre il certo all’incerto; ma se anche fosse? Niente da fare: nel mondo d’avanzato gli imputati non si possono difendere e gli elettori non possono votare.

D’Avanzo, nel suo argomentato attacco alla Consulta, ha il merito di portare alle estreme conseguenze la lugubre logica giustizialista, che vorrebbe fare del Parlamento una gigantesca Guantanamo sorvegliata ventiquattr’ore al giorno da un manipolo di pubblici ministeri. E Berlusconi, nell’Italia degli opposti estremismi, non può che goderne.

La Consulta, del resto, gli ha aperto un’autostrada, offrendogli l’occasione di fare a pugni ogni giorno con questo o quel magistrato su questo o quell’impegno di governo. Gli ha fornito l’alibi migliore per continuare a litigare sulla giustizia anziché riformarla o farla funzionare. E, soprattutto, gli consentirà ancora una volta di occultare all’opinione pubblica la sua vera, fondamentale mancanza: la capacità di governo.

D’altro canto, basta rileggere le sue dichiarazioni di stamattina a Mattino 5: la Consulta è “assolta” (“Ha salvato l’impianto della legge”), e tutta l’attenzione è sui suoi giudici e sui suoi processi: ”Sono assolutamente inventati, ridicoli, grotteschi. Non ci sono fatti che possono rendere possibile una condanna”; e tuttavia “non sarà facile per i miei difensori ottenere un atteggiamento benevolo da parte dei magistrati, perché tutti sanno che c’è persecuzione politica da parte dei magistrati della sinistra da quando sono sceso in campo”. E tutti sanno – anche i giustizialisti – che Berlusconi adora fare la vittima, che è molto più bravo con la propaganda che con l’azione di governo, e che anzi la propaganda è la sua modalità permanente di governo.

La nuova inchiesta milanese su Ruby, con straordinario tempismo, conferma l’evidente simpatia della magistratura per il nostro presidente del Consiglio. A D’Avanzo il merito di aver denunciato la manovra con sincero sdegno democratico; a Berlusconi, come sempre, quello di essere il più furbo in un mondo in cui tutti si credono furbissimi.


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