mercredi, septembre 26, 2012

L’uomo che tirava le monetine a Craxi

L’uomo che tirava le monetine a Craxi




L’uomo che tirava le monetine a Craxi

Franco Fiorito vent’anni fa era un giovane corpulento missino che tirava le monetine sotto l’hotel Raphael a Bettino Craxi. Ci tiene a ricordarlo con un punta d’orgoglio, quasi questa fosse una preziosa attenuante da spendere con l’opinione pubblica ancora intrisa da un odio viscerale nei confronti del ” Cinghialone”. E sì perché una volta er Batman stava dalla parte giusta, combatteva  gli “sporchi malfattori”,  faceva parte dei ” puri”, voleva fare la rivoluzione.
Sarebbe troppo facile citare Pietro Nenni che soleva dire “C’é sempre uno più puro che ti epura”, ma qui non si tratta di un caso singolo, qui non c’entra soltanto Fiorito e il Lazio. Se siamo onesti, dobbiamo fare i conti con un problema più grande e più grave: le rivoluzioni che nascono e muoiono nelle piazze sono false rivoluzioni.
L’Italia non ha risolto con Tangentopoli il suo problema più grande e atavico: la corruzione. Qualcuno per fare carriera politica, ha cercato di far credere questo, ma  le clientele, gli sprechi e le ruberie, che già erano assai diffuse nella prima Repubblica in tutti – e sottolineo tutti- i partiti si sono sparse a macchia d’olio, penetrando negli ingranaggi di ogni aspetto della vita sociale, politica e culturale del Paese. Tangentopoli è stata semplicemente una guerra di potere e di poteri, nulla di più. Uno scontro fra classi dirigenti. Una lotta fra bande.
La corruzione è  infatti un morbo che non riguarda soltanto il mondo della politica, ma interessa tutto il Paese: le imprese, gli uffici, il privato, la pubblica amministrazione, la magistratura, il settore del no-profit, il mondo della cultura, persino la Chiesa. Prima o poi saremo costretti ad interrogarci sul perché di questa amara realtà, senza ipocrisie.
Quanti Batman esistono oggi nei partiti, in tutti i partiti? Quanto sono preziosi e corteggiati per il loro bottino di preferenze? Basta guardare la classe politica degli enti locali per avere subito nostalgia dei nostri tanto vituperati parlamentari. Non è certo un caso che  proprio Fiorito in questi giorni ricordi a tutte e tutti che lui non viene dai listini bloccati, bensì è stato eletto con ventisettemila voti ed è pronto a ricandidarsi perché lui i voti li ha, non glieli regala nessuno.
In un momento in cui indichiamo le preferenze come la panacea di tutti i mali della nostra malconcia democrazia, senza invece renderci conto che  proprio quel sistema elettorale riempirebbe il Parlamento di gente come Fiorito o Lusi, perché in Italia i voti singoli di preferenza si prendono in un solo modo, forse dovremmo chiederci in quale pantano stiamo trascinando il nostro Paese.
Il Raphael rappresenta anche per questo motivo il momento più basso della nostra democrazia: una piazza brutale, fatta di gente come Fiorito, ex fascisti o ex comunisti sconfitti dalla storia, populisti e qualunquisti di vario genere, che non avevano l’autorità morale per alzare la mano al cielo e gettare il sasso.
Se invece si fosse fatto quello che chiedeva Craxi, unico leader ad assumersi  la responsabilità politica davanti al Parlamento di colpe anche non sue (vedi Polverini nel ruolo di Alice nel paese delle meraviglie) ed unico leader della storia repubblicana ad essere condannato perché “non poteva non sapere” (criterio non applicato per esempio nei confronti di Rutelli); se si fosse cioè trovata una soluzione politica ad un problema politico (il sistema di finanziamento dei partiti) che ancora oggi esiste e persiste, come dimostrano i casi di Lusi, Fiorito o il Trota, forse avremmo fatto qualche passo avanti. Ma in Italia preferiamo sfogare i nostri istinti più bassi, far tintinnare le manette, affidarci ai capi-popolo, invece che assumerci la responsabilità di governare i problemi, magari con una riforma  costituzionale vera e severa della politica, che parta dalle  istituzioni e colpisca i partiti.
E’ per questo che siamo il Paese più corrotto d’Europa, non perché manchino le leggi (sia chiaro, ben vengano normative più severe), ma perché in fondo questo sistema ci sta bene perché conviene a tutti: è comodo e facile, ma sopratutto deresponsabilizza. Così continuiamo a guardare imperterriti il dito e non la luna. Senza  dimenticare  che nella prima Repubblica le tangenti servivano a finanziare l’attività dei partiti e, nel caso dei socialisti, la democrazia negli Stati non democratici, non certo a comprare ostriche e champagne. Quindi non lamentiamoci se ammazzato Craxi, ci ritroviamo pieni di Fiorito, Lusi, er Trota e compagnia varia. Uccisa la politica è rimasta solo la feccia.

dimanche, septembre 02, 2012

"Chiesa indietro di 200 anni "

L'ultima intervista: «Perché non si scuote,

perché abbiamo paura?»

Georg Sporschill SJ, Federica Radice Fossati Confalonieri

corriere.it  20120902

Padre Georg Sporschill, il confratello gesuita che lo intervistò in Conversazioni notturne a Gerusalemme , e Federica Radice hanno incontrato Martini l'8 agosto: «Una sorta di testamento spirituale. Il cardinale Martini ha letto e approvato il testo».

Come vede lei la situazione della Chiesa? 
«La Chiesa è stanca, nell'Europa del benessere e in America. La nostra cultura è invecchiata, le nostre Chiese sono grandi, le nostre case religiose sono vuote e l'apparato burocratico della Chiesa lievita, i nostri riti e i nostri abiti sono pomposi. Queste cose però esprimono quello che noi siamo oggi? (...) Il benessere pesa. Noi ci troviamo lì come il giovane ricco che triste se ne andò via quando Gesù lo chiamò per farlo diventare suo discepolo. Lo so che non possiamo lasciare tutto con facilità. Quanto meno però potremmo cercare uomini che siano liberi e più vicini al prossimo. Come lo sono stati il vescovo Romero e i martiri gesuiti di El Salvador. Dove sono da noi gli eroi a cui ispirarci? Per nessuna ragione dobbiamo limitarli con i vincoli dell'istituzione».

Chi può aiutare la Chiesa oggi? 
«Padre Karl Rahner usava volentieri l'immagine della brace che si nasconde sotto la cenere. Io vede nella Chiesa di oggi così tanta cenere sopra la brace che spesso mi assale un senso di impotenza. Come si può liberare la brace dalla cenere in modo da far rinvigorire la fiamma dell'amore? Per prima cosa dobbiamo ricercare questa brace. Dove sono le singole persone piene di generosità come il buon samaritano? Che hanno fede come il centurione romano? Che sono entusiaste come Giovanni Battista? Che osano il nuovo come Paolo? Che sono fedeli come Maria di Magdala? Io consiglio al Papa e ai vescovi di cercare dodici persone fuori dalle righe per i posti direzionali. Uomini che siano vicini ai più poveri e che siano circondati da giovani e che sperimentino cose nuove. Abbiamo bisogno del confronto con uomini che ardono in modo che lo spirito possa diffondersi ovunque».

Che strumenti consiglia contro la stanchezza della Chiesa? 
«Ne consiglio tre molto forti. Il primo è la conversione: la Chiesa deve riconoscere i propri errori e deve percorrere un cammino radicale di cambiamento, cominciando dal Papa e dai vescovi. Gli scandali della pedofilia ci spingono a intraprendere un cammino di conversione. Le domande sulla sessualità e su tutti i temi che coinvolgono il corpo ne sono un esempio. Questi sono importanti per ognuno e a volte forse sono anche troppo importanti. Dobbiamo chiederci se la gente ascolta ancora i consigli della Chiesa in materia sessuale. La Chiesa è ancora in questo campo un'autorità di riferimento o solo una caricatura nei media? Il secondo la Parola di Dio. Il Concilio Vaticano II ha restituito la Bibbia ai cattolici. (...) Solo chi percepisce nel suo cuore questa Parola può far parte di coloro che aiuteranno il rinnovamento della Chiesa e sapranno rispondere alle domande personali con una giusta scelta. La Parola di Dio è semplice e cerca come compagno un cuore che ascolti (...). Né il clero né il Diritto ecclesiale possono sostituirsi all'interiorità dell'uomo. Tutte le regole esterne, le leggi, i dogmi ci sono dati per chiarire la voce interna e per il discernimento degli spiriti. Per chi sono i sacramenti? Questi sono il terzo strumento di guarigione. I sacramenti non sono uno strumento per la disciplina, ma un aiuto per gli uomini nei momenti del cammino e nelle debolezze della vita. Portiamo i sacramenti agli uomini che necessitano una nuova forza? Io penso a tutti i divorziati e alle coppie risposate, alle famiglie allargate. Questi hanno bisogno di una protezione speciale. La Chiesa sostiene l'indissolubilità del matrimonio. È una grazia quando un matrimonio e una famiglia riescono (...). L'atteggiamento che teniamo verso le famiglie allargate determinerà l'avvicinamento alla Chiesa della generazione dei figli. Una donna è stata abbandonata dal marito e trova un nuovo compagno che si occupa di lei e dei suoi tre figli. Il secondo amore riesce. Se questa famiglia viene discriminata, viene tagliata fuori non solo la madre ma anche i suoi figli. Se i genitori si sentono esterni alla Chiesa o non ne sentono il sostegno, la Chiesa perderà la generazione futura. Prima della Comunione noi preghiamo: "Signore non sono degno..." Noi sappiamo di non essere degni (...). L'amore è grazia. L'amore è un dono. La domanda se i divorziati possano fare la Comunione dovrebbe essere capovolta. Come può la Chiesa arrivare in aiuto con la forza dei sacramenti a chi ha situazioni familiari complesse?»

Lei cosa fa personalmente? 
«La Chiesa è rimasta indietro di 200 anni. Come mai non si scuote? Abbiamo paura? Paura invece di coraggio? Comunque la fede è il fondamento della Chiesa. La fede, la fiducia, il coraggio. Io sono vecchio e malato e dipendo dall'aiuto degli altri. Le persone buone intorno a me mi fanno sentire l'amore. Questo amore è più forte del sentimento di sfiducia che ogni tanto percepisco nei confronti della Chiesa in Europa. Solo l'amore vince la stanchezza. Dio è Amore. Io ho ancora una domanda per te: che cosa puoi fare tu per la Chiesa?».

Georg Sporschill SJ, Federica Radice Fossati Confalonieri

samedi, septembre 01, 2012

Punti oscuri, gaffe e smentite:

i pm in tilt contro con il Colle

Qualche appunto utile a capire meglio lo scontro tra il Colle
e la Procura di Palermo. Le contraddizioni dei protagonisti e il garantismo
a intermittenza di alcuni giornali



1) Ieri intervistato dal Corrierone il procuratore capo di Palermo,

Francesco Messineo, al giornalista che gli chiede da dove sono uscite

le indiscrezioni sui colloqui tra Napolitano e Mancino replica: «A questa domande

non saprei rispondere.

Sicuramente non dalla procura di Palermo che difficilmente avrebbe usato un settimanale

come Panorama, pur legittimamente, mai molto tenero con la stessa». Risposta sbagliata.

E se Panorama (come ad esempio il Fatto) fosse stato tenero con la Procura sarebbe stato

possibile usarlo per fare uscire le indiscrezioni? Il verbo «usare» la dice tutta sui rapporti

tra Procure e giornali. Il procuratore forse avrebbe potuto dire semplicemente che

da una Procura seria non esce un briciolo di intercettazione. Ma forse gli scappava da rider

e e si è tradito. Insomma non usano Panorama.

2) Sempre nella medesima intervista, Messineo riguardo al contenuto dello scoop

di Panorama dice: «Non posso affermare o negare. Significherebbe rendere esplicito

il contenuto».

Giusto. Ma il problema è che il suo procuratore aggiunto Ingroia in ben due interviste

contemporanee su Repubblica e il Fatto dice: «Ho la certezza che in quel pezzo

(di Panorama, nda) non c'era una riga del contenuto effettivo di quelle telefonate

coperte da segreto».

Oplà. Cade proprio nella trappola di cui parla Messineo e cioè, negando la veridicità

del contenuto del pezzo di Panorama, viola, come dice il suo capo, il segreto.

CONTEPr

Prima di fare le interviste, forse sarebbe il caso che i due si facessero una telefonata.

Tanto non li intercetta nessuno.

3) Ancora sullo scoop di Panorama. Quando Corrado Formigli a «Piazza Pulita» intervista

Nicola Mancino (in fondo l'unico che ha sentito dal vero la voce del Presidente) e gli chiede

se può confermare il contenuto pubblicato dal settimanale, questi non dice né no né sì.

L'indagato non smonta lo scoop di Panorama. Mentre il suo inquirente, Ingroia, sostiene

che nel pezzo di Panorama non c'è una riga che corrisponda a verità.

A questo punto conviene proprio che le intercettazioni vengano subito bruciate (come ieri con

un colpo di scena ha promesso Messineo) altrimenti si rischierebbe di smentire

clamorosamente Ingroia e dare ragione all'intuito giornalistico di Panorama. Dio ce ne scampi.

4) Nella maschia difesa delle prerogative del Quirinale e di se stesso, il premier Mario Monti

parla di tentativi di destabilizzazione e fa riferimento al «prestigio internazionale» che potrebbe

venir compromesso. Questo argomentato, accarezzato in modo compiaciuto dai media italiani,

non valeva forse anche per le migliaia di intercettazioni dell'ex presidente del Consiglio?

Qualcuno forse dimentica che la famosa frase sulla Merkel culona è solo un'indiscrezione

giornalistica

(lanciata prima dalla Jena sulla Stampa e poi esplicitata il giorno dopo dal Fatto). Si riferirebbe

ad una telefonata Berlusconi-Tarantini e intercettata dalla procura di Bari. Ma da nessuna parte è

mai uscita la frase sulla culona. Dove erano i difensori del prestigio internazionale del Quirinale,

quando solo un anno fa si sputtanava il premier senza uno straccio di prova?

5) Messineo dice «la rivelazione di notizie coperte da segreto istruttorio è evidente» e

«non è da escludere che sulla vicenda possa essere avviata un'inchiesta». E poco dopo «l'intenzione

di disporre accertamenti su una possibile fuga di notizie non significa necessariamente attribuire

validità alle notizie che sono state diffuse». No, scusate. Non ci capiamo un bel niente.

Se la rivelazione delle notizie coperte da segreto istruttorio è evidente, come dice Messineo,

come può detta fuga essere solo possibile, come dice Messineo.

O uno fugge o resta a casa. Difficile fuggire restando a casa.

E se per di più il fuggitivo (cioè le notizie oggetto delle indiscrezioni di Panorama) non esiste, è un falso.

come posso indagare su di lui? Misteri palermitani.

6) Qualcuno ricatta il Quirinale, è la favolosa tesi dello stesso Quirinale, ma anche di magistrati e giornalisti.

Rimettere le cose in fila aiuta a non farsi ingannare. Tutto nasce da due conversazioni tra Napolitano

e Mancino (all'epoca dei fatti ancora non indagato) intercettati dalla procura di Palermo. Il Quirinale vuole

che quei nastri siano subito distrutti, la procura no. Il Colle chiede dunque un parere alla Corte costituzionale

su come cancellare queste bobine calde. Chi ha iniziato la pratica? Un manettaro dirà chiaramente (il Fatto)

che il presidente non si deve occupare degli affari di Mancino (poi indagato) e che se non ha nulla

da nascondere deve far pubblicare le intercettazioni. Un garantista dirà che la procura ha messo in cassaforte

materia bollente che invece avrebbe dovuto subito stracciare senza fare tante storie. Insomma mettetela

come vi pare. Ma le cose sono due: o è il Quirinale ad essersi messo nelle condizioni di essere ricattato

o è la procura che ha creato le condizioni per ricattarlo. Sempre per usare i termini che vanno di moda oggi.

Ma non si capisce cosa c'entrino Panorama e il suo scoop.

7) Sempre sul ricatto. Una delle accuse mosse a Berlusconi è che il premier con i suoi comportamenti

spiattellati sui giornali, grazie alle telefonate intercettate, si rendeva ricattabile. Difficile trovare oggi

qualcuno che veda il ricatto come condizione in cui si è trovato colpevolmente il Quirinale; tutti che gridano

al ricatto di qualcuno (Panorama, i magistrati, i politici) nei confronti del Quirinale. Che poverino è vittima

incolpevole. Peccato che simile presunzione di ingenuità istituzionale sia, anche questa, una prerogativa

solo del Colle.

8) Le intercettazioni diventano irrilevanti a seconda di chi le subisce. L'ex presidente della Corte costituzionale,

Valerio Onida (membro di Libertà e Giustizia, promotore della piazza contro la cosiddetta legge Bavaglio)

in due diverse interviste ieri ha detto: «Intercettazioni irrilevanti. Il loro uso mediatico è un malcostume politico».

Ma con lo stesso criterio garantista con cui Onida giudica irrilevanti (per sapienza divina) intercettazioni

che non ha potuto leggere o ascoltare, avrebbe potuto giudicare mostruosamente e manifestamente

irrilevanti le intercettazioni pubblicate sui giornali riguardo la vita privata di Berlusconi.

9) A proposito di prerogative del Quirinale da difendere. Perché tutto questo comprensibile can can

sulla vicenda palermitana e neanche una parola sulle intercettazioni di Napolitano agli atti dell'inchiesta

sul G8? Proprio il Fatto ha intervistato Guido Bertolaso, che ha confermato che una sua telefonata

con Napolitano era stata registrata. L'indagato (in questo caso Bertolaso e non Mancino, che all'epoca

della registrazione dei pm palermitani non era affatto indagato) ha spiattellato i contenuti di

quella conversazione.

Il palazzo di Giustizia di Palermo

Ma con la procura di Firenze non è stato sollevato alcun conflitto di attribuzione.

Einaudi e le prerogative del Colle da tutelare in questo caso non valgono?