samedi, janvier 15, 2011

Ma che razza di tempismo

Il Riformista
Ma che razza  di tempismo

di Peppino Caldarola  ilriformista.it   20110115
I tempi sospetti della procura. A Roma s’è indagato su Gianfranco Fini per la casa di Montecarlo mantenendo segreta l’inchiesta fino alla decisione finale. Cosa che non ha voluto fare, o non è riuscito, il palazzo di giustizia ambrosiano.
La nuova tegola giudiziaria che si è abbattuta sulla testa di Silvio Berlusconi contende stamattina la prima pagina dei giornali alle notizie sul referendum alla Fiat. È accaduto ieri sera anche ai Tg. È l’Italia, bellezza.
Le immagini sulle vite povere degli operai si sommano in queste ore a quelle sulla vita esagerata del premier. E la politica torna a infuocarsi su questo nuovo capitolo dello scontro fra il Cavaliere e i magistrati.
L'accusa è molto dura e il processo prossimo venturo aiuterà a capire quali sono, se ci sono, le colpe dell’imputato Berlusconi. Non è per stanca ritualità che ancora una volta ricordiamo a tutti l’esistenza della presunzione di innocenza, fino a prova contraria. Le urla della politica non ci impediranno di giudicare i fatti che verranno esposti con il necessario vaglio critico. Sappiamo che il garantismo non coincide con l’innocentismo, ma una stampa libera deve saper guardare criticamente a tutti gli aspetti di una vicenda giudiziaria soprattutto quando questa assume un valore così dirompente. Sul caso Ruby-Berlusconi ci siamo fatti un’idea, che diremo più avanti, ma qualche domanda va fatta anche agli inquirenti.
Il tema che vogliamo sollevare, e che più volte il Riformista ha proposto, riguarda la deprecabile coincidenza fra la diffusione della notizia sulle accuse che la procura di Milano rivolge al premier e la conclusione del procedimento avviato dalla Consulta sul legittimo impedimento. E più in generale il fatto che l’informazione riguardante il caso della relazione, giudicata passibile di censura penale, fra la giovane marocchina e il Cavaliere, sia stata diffusa prima che la magistratura ne abbia dato comunicazione. Tecnicamente siamo di fronte all’ennesima fuga di notizie. Un minuto dopo che il sistema dei media è venuto a conoscenza dell’indagine milanese si è messo in moto il solito spettacolino con i sostenitori del premier che hanno parlato di complotto giudiziario e altre parti politiche che hanno preso le difese della Procura. Copione rispettato.
Appena poche settimane fa la procura di Roma, con una tempistica che aveva sbalordito tutti, aveva sanzionato la non processabilità del presidente della Camera rendendo nota l’esistenza di un procedimento a carico di Fini contemporaneamente all’archiviazione del caso dell’appartamento di Montecarlo. Il tribunale romano, unico nel panorama dei palazzi di giustizia, era cioè riuscito a tenere segreta la sua iniziativa fino alla decisione finale, cosa che non è riuscita a fare, o non ha voluto fare, la procura di Milano.
Conosciamo le contro-obiezioni. La prima riguarda l’obbligo dell’apertura dell’indagine. La seconda l’ inevitabile pubblicità dell’atto visto che il premier è stato convocato per essere ascoltato dai suoi giudici il 21 gennaio ovvero in seconda convocazione due giorni dopo e che per sottrarsi alla chiamata dovrà indicare gli impegni di governo, e solo quelli, citati dalla casistica approntata dalla Corte. L’apertura dell’inchiesta - è l’idea che ci siamo fatti - è probabilmente un atto dovuto visto che il clamore della vicenda è stato provocato dallo stesso Berlusconi con l’irrituale telefonata della notte fra il 17 e il 18 maggio in cui chiese alla Questura milanese di affidare la giovane Karima “Ruby” El Mahroug invece che a una casa di accoglienza alla consigliera regionale Nicole Minetti, indagata ora per incitamento alla prostituzione di una minorenne. Il caso destò scalpore perché l’intervento del premier interferiva sull’autonomia degli inquirenti e fu accompagnato da una madornale bugia sulla parentela - «è la nipote» - della ragazza con il presidente egiziano Mubarak.
Nei giorni successivi molte cronache riportavano la notizia che probabilmente Ruby era una escort, cioè si prostituiva, e che aveva praticato questa attività da minorenne nella dimora del premier. Gli avvocati di Berlusconi ieri hanno negato che il loro assistito abbia mai avuto rapporti sessuali con la ragazza. Tuttavia in quei giorni si parlò di feste o festini, furono coinvolti Lele Mora ed Emilio Fede, anche loro oggi indagati. Da tutto questo bailamme pubblico non poteva non scaturire la notizia di reato. Quindi se i magistrati, al netto di eventuali prove acquisite, hanno ritenuto di aprire un fascicolo hanno fatto il loro dovere perché la notitia criminis è largamente circolata sui media. Berlusconi questa volta se l’è cercata.
Sgombrato il campo da questa questione, cioè dal fatto che l’inchiesta giudiziaria era probabilmente inevitabile, resta invece in piedi l’altra che riguarda la modalità con cui il procedimento è stato reso pubblico. Non finiremo mai di deprecare che non è un buon segno di corretto funzionamento della giustizia la situazione che vede la persona interessata informata a mezzo stampa. La forza di un atto giudiziario sta soprattutto nel fatto che esso viene prodotto nel rispetto del sistema di garanzie della difesa. La stampa che pubblica le notizie fa il suo mestiere ma è giusto chiedersi come mai vi siano alcune procure che sembrano più perforabili di altre dal sistema dell’informazione.
C’è un’altra obiezione che vogliamo fare, riconoscendo che essa non ha un fondamento giuridico ma riguarda il complesso sistema di relazioni fra l’azione giudiziaria e la politica. Conosciamo i ragionamenti dei giustizialisti, ma non comprendiamo come possa accadere che una procura di punta come quella milanese non abbia avvertito la necessità di non far coincidere la propria iniziativa con il pronunciamento della Consulta e con il dibattito che questo ha sollevato. Non c’era una data migliore, precedente o molto successiva, in cui render nota la notizia dell’imputazione per il premier? I magistrati giudicano un’interferenza la richiesta discreta di tener conto del contesto in cui cade la loro iniziativa? Il “modello Roma” era impraticabile? La decisione della procura di Milano e il modo in cui è stata comunicata all’opinione pubblica hanno immediatamente rilanciato lo scontro fra i berlusconiani e la magistratura. Involontariamente, ma incautamente, la procura ha fatto a Berlusconi il miglior assist consentendogli di vestire nuovamente i panni del perseguitato.
Ancora una volta una vicenda giudiziaria, pur grave e pruriginosa come questa, rischia così di diventare centrale nel dibattito politico. Credo che tutti coloro che in queste ore stanno parlando di una interferenza dei magistrati nella vita privata di un cittadino ancorché illustre non sappiano di che cosa parlano. In altre democrazie ci si è occupati della vita privata di presidenti e premier senza remore. Israele si è vista quasi decimare la sua classe dirigente per queste storiacce. In ogni caso il sospetto di essersi trovati davanti a un caso di prostituzione addirittura minorile merita un’inchiesta. Ma è mai possibile che non si riesca a fare le cose in modo irreprensibile in modo da render inconfutabile l’azione giudiziaria? È del tutto evidente che l’immagine del paese ne esce ancora una volta deturpata e il premier si rivela più che ostaggio dei giudici vittima di quelle cattive abitudini che hanno fatto dire a Vittorio Feltri che uno così non può andare al Quirinale.


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