vendredi, janvier 28, 2011

Ora solo il Cav. contro il club della sinistra “ideologica” e della destra “contabile"

Ora solo il Cav. contro il club della sinistra “ideologica” e della destra “contabile" - [ Il Foglio.it › La giornata ]


di Francesco Giavazzi, economista  ilfoglio.it   20110128

Qualcuno a favore, ma l’intelligenza economica non ama l’esproprio una tantum e senza riforme. Girotondo fogliante di idee

Giuliano Amato, Walter Veltroni, Susanna Camusso, Pellegrino Capaldo e altri ancora: il coro pro imposta patrimoniale si amplia, non soltanto sulle colonne dei giornali. Siamo di fronte a un caso di coincidenza tra una certa ideologia a sinistra e una lettura distorta della realtà economica di una fetta della destra.
A sinistra le mozioni favorevoli vengono da chi ha un pregiudizio ideologico contro la ricchezza. Per carità, queste sono preferenze, ognuno è libero di pensare che i ricchi siano cattivi. Allora però occorrerebbe tassare il reddito che produce la ricchezza, non la ricchezza una volta che è accumulata. A destra, invece, c’è una visione contabile molto pericolosa che porta a sostenere la fattibilità di una imposta patrimoniale: l’idea, sostenuta anche dal ministro dell’Economia, Giulio Tremonti, è che si può sommare debito pubblico e ricchezza privata. In realtà il debito pubblico non è detenuto da chi ha la ricchezza e quindi per fare quella operazione bisogna espropriare la ricchezza privata.
L’impatto negativo però è assicurato. Se le famiglie hanno un certo target di ricchezza privata, ovvero un livello di ricchezza che ritengono necessario raggiungere per godere di maggiore tranquillità nel corso della propria vita, se si toglie una parte di questa ricchezza alle famiglie, queste cosa faranno? Ricomincerebbero a risparmiare per raggiungere quell’obiettivo di ricchezza che si erano poste. E non bisogna essere keynesiani per sapere che un aumento del tasso di risparmio, determinando un’ulteriore caduta dei consumi, spingerebbe l’economia a scendere a picco. Quindi qui si prova l’incapacità della visione contabile di interpretare la situazione macroeconomica.

Penso che il motivo per cui, nonostante tutto quello che si legge sui giornali, il presidente del Consiglio sia ancora in cima alle preferenze degli italiani, è che i cittadini, i quali non vogliono una patrimoniale, hanno capito che – tolto di mezzo lui – la patrimoniale si farebbe. Per Berlusconi, fortunatamente, vale infatti il motto inglese: “Over my dead body!”, “dovrete passare sul mio cadavere”, che ci siano pressioni europee o meno.
E comunque, se l’obiettivo è quello di diminuire il fardello del debito pubblico, perché bisogna espropriare la ricchezza privata? Iniziamo a vendere il patrimonio pubblico; sono anni che parliamo del patrimonio dello stato. Alla fine degli anni Novanta abbiamo abbattuto il debito pubblico in misura pari a circa 15 punti percentuali del pil in un decennio con un po’ di privatizzazioni. Rifacciamo quell’operazione: quanto vale il Poligrafico dello stato, le partecipazioni in Enel, Eni, e tutto il patrimonio immobiliare? L’alienazione del patrimonio pubblico darebbe credibilità al paese e non avrebbe l’effetto depressivo di una espropriazione. Poi, quando lo stato dimostrerà di aver venduto tutto, io resterò pur sempre contrario ma almeno a quel punto si potrà legittimamente porre il problema. Dopo, non prima.


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