mardi, décembre 28, 2010

Professione antagonista

Professione antagonista - Italia - Panorama.it
Professione antagonista

di Carmelo Abbate    panorama.it   20101228

Sono pochi. Sono i soliti ignoti al grande pubblico e alle stesse minoranze che trascinano in strada nelle manifestazioni di protesta. Stanno nelle retrovie, muovono le fila, tengono accesa la fiammella del ribellismo, pronti ad alimentare qualsiasi scintilla di disagio sociale. Oggi gli studenti, domani i precari o gli immigrati. Uniti contro la crisi è il massimo: quando riescono a mettere insieme i pezzi, come hanno fatto con successo a Roma, per convogliarli verso l’unico «grande nemico», che è l’intero sistema politico e democratico, hanno raggiunto l’obiettivo.
Agiscono con tecniche sopraffine, perseguono risultati che nulla hanno a che vedere con i motivi per cui i ragazzi scendono in piazza. Il loro scopo è la visibilità, le prime pagine dei giornali, la legittimazione sul campo da parte dei media e del mondo istituzionale. Per raggiungere l’obiettivo sono pronti a tutto, anche a creare le condizioni perché ci scappi il morto. Anzi, il morto è il massimo risultato con il minimo sforzo. Sono dei professionisti della disobbedienza.

Sono riusciti a costruire un autentico business che ruota attorno ai centri sociali. Hanno uno stile di vita per nulla coerente con le chiacchiere con cui infarciscono le teste dei ragazzi che trascinano nelle piazze.

Di gente così è piena l’Italia. Ma se vuoi toccare con mano quella che è l’aristocrazia del movimento, quella che ne detiene il marchio di fabbrica, allora devi fare un salto a Padova. La città di Toni Negri, di Autonomia operaia, degli scontri seguiti agli arresti del 7 aprile 1979, quando un gruppo di dirigenti e militanti dell’Autonomia operaia, Negri in testa, furono arrestati su ordine del sostituto procuratore di Padova Pietro Calogero, con l’accusa di essere il cervello organizzativo di un progetto di insurrezione armata contro i poteri dello Stato.

Parole, megafoni, spranghe, manifestazioni, concerti, botte, arresti, spinelli e spritz: trent’anni sono passati, Padova è sempre lì, con il centro sociale Pedro (intitolato a un ragazzo morto negli anni 80) a fare da punto di riferimento per tutta la galassia disobbediente del Nord-Est. Perché i padovani sanno usare le mani ma soprattutto la testa, sanno maneggiare gli strumenti di piazza ma sempre ben inseriti in una strategia politica.

La strategia di un gruppo ristretto che ha in Luca Casarini, 43 anni, una sorta di guru. Lancia la parola d’ordine, scrive i discorsi, firma i manifesti, come ha fatto dopo gli scontri di Roma. Sul sito di GlobalProject, la piattaforma multimediale del movimento antagonista, Casarini ha parlato di «momento storico» che è riuscito a mettere insieme l’università, la precarietà, le lotte ambientali, la questione metropolitana, la povertà. Il tutto saldato insieme «in una dinamica di rivolta di una generazione compressa», mentre la «risposta della politica è un arroccamento nei propri palazzi e nei propri giochi».

Nello scritto di Casarini c’è il metodo collaudato del movimento: aizzare i singoli momenti di protesta, fonderli verso l’obiettivo più alto di una insurrezione contro il sistema, poi fermarsi a ragionare e ripartire verso il prossimo disordine organizzato. A Roma non c’erano soltanto gli studenti dentro una protesta che di fatto aveva come pretesto la riforma universitaria. Raggiunto l’obiettivo, Casarini lancia l’appuntamento del 22-23 gennaio a Marghera, sorta di stati generali degli antagonisti.

Si ritroveranno lì i soliti ignoti del Pedro, e non solo. Ci sarà Max Gallob, il comandante in capo che ha raccolto il ruolo operativo di Casarini. Gallob, 37 anni, una collezione di denunce e arresti alle spalle, vive in una casa pubblica dell’Azienda regionale per l’edilizia residenziale. Sta molto meglio di lui Sebastian Kohlsheen, padre tedesco e madre veneta. Sempre in testa ai cortei, mediatico, narciso.

Sebastian ha 24 anni e vive in una elegantissima e centralissima casa a due piani attaccata alle mura del Castello Carrarese. Di proprietà del demanio, la casa è occupata e assegnata a Sebastian dall’organizzazione come una sorta di benefit aziendale. Un benefit con travi a vista, muri in pietra del ‘600, camino, giardino, ballatoio, vista sul canale. Valore commerciale: 700-800 mila euro.

Pierlorenzo Parrinello, 40 anni, detto «Lama» per l’inarrestabile impulso di sputare addosso soprattutto ai politici di destra, è figlio di un chirurgo romano e quando va a Roma si ritira nella casa di famiglia nel quartiere Parioli. Alle ultime elezioni per il sindaco di Padova Parrinello era candidato nella lista civica di Aurora D’Agostino, ex consigliere comunale e figura centrale degli antagonisti padovani. D’Agostino è l’avvocato che li difende tutti in tutti i giudizi. Senza spese, per loro. Ma non per noi, perché con l’istituto del gratuito patrocinio il conto lo pagano i contribuenti. E così l’avvocato in certi anni arriva a fatturare molte migliaia di euro.

Le stesse cifre sulle quali ballano quelli del movimento che gestiscono Radio Sherwood, il megafono del movimento. Figura centrale dell’emittente è Wilma Mazza, la zapatista attivista dell’associazione Ya Basta, proprietaria di un negozio in centro a Padova e pure di un paio di alberghi.

Mazza, 45 anni, gestisce la radio insieme con Graziano Sanavio e Marco Rigamo, arrestato nell’operazione 7 aprile. Il business della radio di questi ultimi anni è consistito nella vendita delle frequenze assegnate negli anni Settanta. Le ultime tre di una lunga serie sono state cedute un paio di anni fa. Segreto il prezzo, ma il valore commerciale era stimato in circa 500 mila euro.

Legato a Radio Sherwood il festival che si tiene dal 2001 nel piazzale dello stadio, concesso per una cifra simbolica dal Comune di Padova. Dura un mese e attira almeno 150 mila persone. Biglietto d’ingresso: 1 euro. Ma quando ci sono i concerti si pagano 10-15 euro e ci si dimentica di tutte le campagne a favore della musica gratis per tutti. Intanto, a fine kermesse, calcolando anche la cessione degli spazi interni a ristoratori e negozianti, gli introiti superano il milione di euro.

Chi non ha bisogno di questi soldi, perché ne ha di famiglia e perché, pur alleandosi in piazza con quelli del Pedro, ne prende poi le distanze in termini di appartenenza, è Omid Firouzi, del collettivo di scienze politiche padovano.

Firouzi, 30 anni, iraniano in Italia con permesso di soggiorno, era a Roma durante gli scontri del 14 dicembre. Era anche a Genova per il G8. E quando è stato condannato dal giudice per i fatti di piazza Alimonda è andato a scontare gli arresti domiciliari in una elegante villa familiare nella zona di Madonna di Campiglio. Vista dall’alto la guerra è tutta un’altra cosa. (carmelo.abbate@mondadori.it)


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