lundi, octobre 18, 2010

Tremonti ha respinto l'attacco alla diligenza

Tremonti ha respinto l'attacco alla diligenza - I COMMENTI - Italiaoggi
Tremonti ha respinto l'attacco alla diligenza
di Pierluigi Magnaschi  italiaoggi.it   20101016

Fra il disappunto di molti ministri (che, a loro volta, debbono dire no alle inesauribili richieste di finanziamento) e le proteste delle enormi clientele che domandano sempre più soldi allo Stato, il ministro dell'economia, Giulio Tremonti, è riuscito a tenere ferma la linea del rigore che non consiste, per ora, nella riduzione del debito pubblico ma che punta alla sua non esplosione. Grazie alle nuove norme che impediscono l'assalto della diligenza da parte dei parlamentari di ogni colore (come ai tempi delle vecchie finanziarie allegre) e grazie anche alla fermezza di Tremonti che, incurante dell'impopolarità, crede nella finanza pubblica sostenibile, l'Italia, che pure ha un debito pubblico superiore a quello della Grecia, non ha fatto la fine della Grecia. Quest'ultima infatti, per cercare di tenersi a galla, deve adesso licenziare un sacco di dipendenti pubblici, ridurre lo stipendio a quelli che restano in servizio, vendere ai cinesi i suoi porti, mettere sul mercato molte sue isole e via tagliando. Perché l'Italia, pur avendo un debito pubblico astronomico (quasi il doppio di quello che il Trattato di Maastricht considera sia quello ideale) e più alto della Grecia, non ha fatto la fine della Grecia (ma anche della Spagna, del Portogallo o dell'Irlanda)? Perché, grazie alla politica proposta dal duo Tremonti-Sacconi, in questi due ultimi anni, l'aumento dell'indebitamento pubblico è stato molto più basso di quello degli altri paesi europei che oggi sono in crisi conclamata. Ciò significa che, agli occhi delle autorità di regolazione e soprattutto a quelli degli investitori internazionali (che non fanno sconti a nessuno e misurano tutto), l'Italia, in questi due ultimi anni, ha dimostrato di avere sotto controllo i suoi conti pubblici. Agli occhi quindi di chi deve mettere i suoi soldi nei titoli pubblici italiani, l'Italia si manifesta come un Paese che non è allo sbando perché alla sua guida ci sono istituzioni, norme e persone che sono affidabili. In mancanza di questa sensazione, gli interessi sul debito pubblico italiano salirebbero notevolmente. E siccome il debito pubblico italiano è molto alto, gli incrementi degli oneri derivanti dal servizio del debito sarebbero tali da mettere in ginocchio il paese. Chi oggi chiede che la spesa pubblica aumenti per spingere la ripresa, o non sa che cosa dice, o preferisce praticare le scorciatoie della demagogia. In genere sono gli stessi àmbiti politici che bloccano le grandi opere come il traforo del Frejus, già finanziato dalla Ue, o che, cinque anni e mezzo dopo che la Erg di Genova ha chiesto di poter investire 800 milioni di euro in un rigassificatore, non si è ancora sentita risponde né sì, né no.

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