lundi, octobre 25, 2010

Piccoli fasciocomunisti crescono

Piccoli fasciocomunisti crescono - PRIMO PIANO - Italiaoggi
Piccoli fasciocomunisti crescono

Una volta erano nemici, ora vogliono fare un partito

di Franco Adriano   italiaoggi.it  20101025

Ma al di là di Italo Bocchino e Carmelo Briguglio, chi diavolo sono quelli di Futuro e Libertà? C'è un gran dibattito sul chi è chi della base del nuovo partito di Gianfranco Fini che si sta formando. Un processo che richiede molta osservazione e poco ragionamento per avere la possibilità di raggiungere qualche brandello di verità.

Perché, a ben vedere si tratta di un rassemblement davvero particolare. Tanto per cominciare Italia Oggi ha osservato da vicino i volti, i contenuti e il luogo di un'assemblea di simpatizzanti che si è tenuta nei giorni scorsi a Roma. Una riunione a porte chiuse (ai giornalisti), alla quale si poteva partecipare solo su invito personale. Era domenica mattina, eppure erano in 500, provenienti da varie parti d'Italia. Attirati dai nomi dei politici di grido? Acqua. Sì, alcuni eletti c'erano: Adolfo Urso, Silvano Moffa, Antonio Bonfiglio, Aldo Di Biagio. Seduti in prima fila; ma sono stati invitati ad ascoltare soltanto, senza prendere la parola. Il promotore dell'incontro, poi, non è un politico di prima fila nazionale. Si chiama Giulio Buffo, già candidato Pdl alle regionali del Lazio nella lista mai presentata e coordinatore di una federazione di associazioni (vicine alla destra) Arcipelago Nazionale. Potrebbe essere indicato come il prototipo di fasciocomunista, che oggi evidentemente fa più fine chiamare futurista. Da missino, infatti, nel 1992 conquistò la prima pagina del Corriere della Sera perché fu il primo fascista a essere invitato nella sezione romana del Pds a parlare di sperperi, sprechi, truccati e lottizzazione nella sanità romana. Simbolico anche il luogo scelto per l'incontro: il Teatro Greco nel quartiere Trieste-Salario, che nella geopolitica capitolina significa tanto: lì i vecchi capi di An, Gianni Alemanno, Fabio Rampelli, Andrea Augello, non hanno mai attecchito più di tanto. Il vero spettacolo, dunque, stava seduto in sala: «Un terzo dei presenti aveva una storia di sinistra», racconta una fonte, «ma sembrava sentirsi pienamente a proprio agio tra vecchi militanti di destra, esponenti delle forze dell'ordine, rappresentanti di associazioni, come per esempio Nicola Colicchi di Compagnia delle opere, e intellettuali, associati a Confindustria e sindacalisti, liberi professionisti e dirigenti ministeriali, docenti universitari (come Mary Prezioso di Tor Vergata), dirigenti Rai come Bruno Soccillo e Angelo Mellone e tanti giovani». E, soprattutto, «Niente tacchi a spillo e tette rifatte». Almeno, si potrebbe indovinare, qualcuno si è alzato dalla sedia quando sono intervenuti i vecchi missini. Un rinsavimento (da sinistra) per dire: «Ma che ci sto a fare io qui?», che pari pari potrebbe essere trasposto in qualche ex fascista presente, all'udire le parole di qualche ex trinariciuto. E, invece, no. Sono stati bene insieme. Da non credere. L'assemblea è durata due ore e si potrebbe sintetizzare in poche frasi: «C'è la necessità del superamento delle classiche contrapposizioni destra/sinistra». «A nessuno viene chiesto di rinnegare le proprie origini, ma di prendere il meglio per costruire il nuovo». «Il discrimine non può più essere l'appartenenza, ma l'onestà e il merito». Temi tipici del grillismo? «No, non c'era nessuna voglia di anti-politica, né di cedere al grillismo o al girotondismo di destra, tutt'altro», continua la fonte, «piuttosto il desiderio di farsi ascoltare, confrontarsi e parlare senza bava alla bocca. Per la prima volta, forse dal '94, non si sono evocati complotti della magistratura, non si sono ipotizzati poteri occulti che eterodirigono la politica, non si sono lanciati strali e promesso sfaceli contro i poteri dello Stato». E Silvio Berlusconi, dove sta? «Mai citato da nessuno». Chi è, allora, la base dei simpatizzanti di Fli, a giudicare da questa riunione? «Sono elettori scossi dagli scandali che hanno coinvolto il governo e dai criteri di selezione della classe dirigente che non possono e non devono più essere riproposti. E rappresentanti politici stanchi di subire l'asse politico Lega Nord-Giulio Tremonti in chiave anti-unitaria e contro il Mezzogiorno». I più «arrabbiati» erano i romani: per «la rivoluzione mancata» con la conquista del Campidoglio e della Regione. «Delusi», conclude la fonte, «dal mancato ricambio dei vertici del partito dopo l'affaire Alfredo Milioni (per la mancata presentazione della lista Pdl ndr), infastiditi da una vittoria trasformata in resa dei conti e dalla cappa asfissiante imposta sulla città dai plenipotenziari ex di An, perennemente in lotta tra loro».

Aucun commentaire: