mardi, septembre 28, 2010

L'ingenuità non si addice al presidente della Camera

L'ingenuità non si addice al presidente della Camera
L'ingenuità non si addice al presidente della Camera
di Sergio Luciano italiaoggi.it  20100927

Ho due cognate e un cognato. Una circostanza, che non considero né un merito né una colpa: sono cose che non si scelgono! Ottime persone, che stimo, cui voglio bene. Ma, come dire, con tutte le cose che sia io - nel mio piccolo - che loro abbiamo da fare, non è che stiamo lì a sentirci ogni giorno, a chiacchierare, a fare convenevoli. Quando capita è nelle occasioni di famiglia, dove è raro che si parli di lavoro. E quando, una volta ogni tre anni, alla fine di una cena capita una conversazione che lambisce il lavoro di uno di noi, la cosa si ferma sempre alla superfice. Fanno tutti e tre i medici, tanto per dire, ma non mi sono mai sognato di andare a chiedere consigli proprio a loro. Oltretutto, viviamo in quattro città diverse. Ebbene, anche Gianfranco Fini ha almeno un cognato. Il quale non solo s'interessa del suo lavoro (questo è più che normale, visto che stiamo parlando della terza carica dello Stato!) ma si ritrova ad apprenderne un elemento di dettaglio, estremamente specifico. Uno potrebbe immaginarsi che, parlando col presidente della camera, suo cognato gli chieda, che so, che ne è del federalismo, se Mara Carfagna è davvero così carina anche dal vivo, se Antonio Di Pietro i congiuntivi li sbaglia per vezzo o proprio per ignoranza. Nossignore: parlando tra cognati, Gianfranco (Fini) e Giancarlo (Tulliani) si mettono a chiacchierare, non di come va l'integrazione della ex An nel Pdl, non se Ignazio La Russa è così aggressivo come sembra e se Maurizio Gasparri ci fa o ci è, ma di un appartamento, cespite nemmeno unico di un cospicuo lascito ideologico, a Montecarlo. E del modo migliore per realizzarlo. Ora, se Tulliani di mestiere avesse fatto l'agente immobiliare, se fosse stato il titolare di un'agenzia a Montecarlo, magari la più importante, o comunque tra le migliori: e vabbè, ci poteva anche stare che Fini, parlandogli, gli avesse chiesto di occuparsi della casa; antiestetico, magari, inopportuno ma comprensibile. Invece, niente di tutto questo: Tulliani era semplicemente uno che frequentava Montecarlo, senza occuparsi di immobili più di un Carneade qualsiasi. Eppure quando propone al cognato un acquirente, ovvero una società anonima residente in un paradiso fiscale, questi (che pure, di mestiere, da politico, è pro-tempore presidente della Camera e sta armando un fuoco di fila di critiche contro il suo leader Berlusconi) ebbene questo supercognato non si stupisce, non si fa minimamente venire in mente l'idea che magari, per il suo partito, vendere a una controparte residente in un paradiso fiscale poteva far pensare a un intrallazzo: macchè. Acconsente e vende. Al prezzo giusto? Vattelapesca; si direbbe di no, ma il prezzo giusto non esiste, come sa chi durante l'ultima guerra ha potuto acquistare a due lire, ad esempio, quadri di valore inestimabile che nessuno, in quel momento, avrebbe potuto pagare di più. Fini ha parlato di ingenuità, ma per lui, esattamente come per Claudio Scajola, sarebbe difficile, volendo essergli amico, scegliere cosa augurargli: se alla fine a suo carico emergerà un intrallazzo, cioè una truffa, con lui, come minimo, silente e quindi consenziente, ma allora colpevole; o si rivelerà come i garantisti sperano, una bolla di sapone, ma allora tanto più resterà, anzi giganteggerà, negli annali italiani, la traccia di questa monumentale asserita ingenuità, un puro eufemismo per non autoflagellarsi troppo, una pura metafora per non beccarci una querela. In generale, siamo tutti d'accordo che non è il caso di farsi governare dai delinquenti (salvo che siano colleghi e appartengano alla nostra stessa cosca) e la storia italiana dimostra che, in passato, questo è successo frequentemente, mentre tuttora, secondo molti magistrati, continua ad accadere, stando alle loro ancora indimostrate accuse. Ma se non è assolutamente il caso di farsi governare dai delinquenti, non si vede perchè dovrebbe essere preferibile farsi governare dai deficienti o, attenuiamo pure, dagli ingenui. Diciamo cosi, e senza la minima allusione: nella vita, meglio un delinquente che un deficiente. Col delinquente ti puoi difendere, quanto meno puoi trattare: «O la Borsa o la vita». Questa, in fondo, è pur sempre, per estrema che sia, una proposta commerciale. Ma con un deficiente non hai ripari, non hai argomenti, non hai speranze.


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