lundi, septembre 27, 2010

Ecco perché il Cav non deve essere stappato

Ecco perché il Cav non deve essere stappato -
Ecco perché il Cav non deve essere stappato
di Marcello Veneziani  ilgiornale.it    20100927


Lo accusano di frenare il sistema politico e ostacolare la Terza Repubblica. Ma se Berlusconi lascia, il bipolarismo salta e il Paese verrà sommerso dai liquami della vecchia casta. Governicchi e moltiplicazione dei partiti sarebbero assicurati

Sì è vero, Berlusconi è il tappo del sistema politico italiano che blocca o fre­na il suo pieno manifestarsi. Berlusconi è il tappo che impedisce la fuoriuscita dei liquami della partitocrazia. Se salta il tappo, salta quello straccio di demo­crazia bipolare su cui ha retto la Secon­da Repubblica, garantendo almeno l’al­ternanza. Si passa alla Terza Repubbli­ca, che magari non sarà la Prima, ma con lei farà rima. Se salta il tappo, che per molti politici e politologi è la causa di tutti i mali presenti e della caduta così in basso della nostra politica, si dispie­gherà finalmente la politica come voi de­siderate. E allora verrà il bello: il centrodestra si farà in quattro, e il centrosini­stra pure. Più un paio di terzi­ni della politica che preten­deranno di giocare al centro. Insomma verrà raddoppiato il quadro politico presente che nato bipolare con ten­denza al bipartitismo, si è già convertito al bipolarismo con tendenza al quadriparti­tismo, più Casini al centro. Ora i cinque soggetti si prepa­rano a diventare dieci. Risor­geranno sinistre radicali e de­stre sociali o dissociate, i cen­trini saranno almeno due, uno cattolico e l’altro laico, salterà il patto con la Lega e dall’altro versante con Di Pie­tro, mancando il tappo che coagula i due poli, e non escludo affatto per la stessa ragione il divorzio tra cattoli­ci democratici e sinistra de­mocratica. Se salta il tappo si verseran­no i liquami della partitocra­zia e il Paese tornerà ingover­nabile, con governi piccoli e deboli, a tempo, gioia dei po­teri forti e dei mediatori con ricattino annesso. Non che adesso siano rose e fiori, tut­t’altro; di liquami è investito anche il Pdl, ragazzi, e ci so­no affaristi e mezze tacche ma si preferisce tacere nel no­me dello schemino amico­nemico su cui regge il bipola­rismo. Non esprimo dunque un giudizio morale dicendo che poi verrà la fogna men­tre ora navighiamo in chiare fresche e dolci acque; no, la fogna c’è già, eccome. Solo che con la svolta partitocrati­ca, con il salto del tappo, la fogna non verrà più convo­gliata in due collettori, non sarà subordinata all’esigen­za di garantire la governabili­tà e la stabilità, ma diventerà il quadro del sistema. Non prospererà più dentro il siste­ma, accovacciata tra le sue pieghe, ma coinciderà con il sistema, sarà la più coerente rappresentazione del qua­dro politico. Se salta il tappo, il futuro che ci aspetta sarà una demo­crazia decapitata, acefala. Abbiamo deprecato, anzi hanno deprecato per anni, la democrazia con la leader­ship, accusandola di cesari­smo e di populismo; avremo la democrazia senza leader ma oligarchica, con tanti ca­petti di passaggio e populi­smi da passeggio. Non han­no capito lorsignori che il ve­ro problema della nostra de­mocrazia non è la leadership forte, semmai l’assenza di una leadership alternativa. E non hanno poi capito che il guaio del nostro sistema poli­tico non è la presenza di un leader troppo forte ma di una politica troppo debole, debole di proposte, di classe dirigente e contenuti. Non è la leadership a generare il vuoto di progetti e di élite , ma è il vuoto di progetti e di élite a essere riempito da una leadership forte. Il partito personale non nasce dall’im­posizione demagogico- auto­ritaria di Berlusconi, ma na­sce quando la politica non ha più niente da trasmettere e allora si lega a un leader: non è solo il caso di Berlusco­ni. Scomparsa la Dc c’è Casi­ni, scomparsa la sinistra c’è Vendola o c’era Veltroni, scomparsa la destra c’era Fi­ni. La Lega è il nome colletti­vo per dire Bossi, L’Italia dei valori è la metafora per non dire solo Di Pietro. La politica fa schifo, dice Sergio Romano sul Corsera , e subito concordo. Ma poi mi guardo intorno e vedo che cos’è oggi la magistratu­ra, cosa sono i giornali, cos’è la cultura, cos’è l’imprendi­toria signora Marcegaglia, cosa sono le élite e allora ho l’impressione che la politica sia ancora una volta, demo­craticamente, lo specchio del Paese e delle sue classi di­rigenti. Ma vi pare normale che si possa leggere a pochi centimetri dalla disamina di Romano una difesa di Fini considerato in buona fede: anche per lui, come per Scajola, fu dato a sua insapu­ta l’appartamento del suo partito al cognato e a una mi­­steriosa società con sede nei Caraibi, fu dato il contratto Rai alla suocera, e via dicen­do? Via, offendete la vostra intelligenza e la vostra digni­tà a parlare di buona fede. E a quegli altri di Repubblica che piangono la morte del dissenso in Italia, avete mai detto una sola parola quan­do i leader che voi difendete, o voi stessi, condannavate al­la morte civile il dissenso di destra? Ma con che faccia, con che stomaco venite a di­re queste cose? E il linciaggio verso il Giornale e Libero per aver fatto giornalismo d’in­chiesta e aver pubblicato ciò che è stato poi confermato, dove lo mettete? Concludo: se la politica è scesa così in basso, i giornali, e non solo loro, si sono collocati alla stessa altezza. Ma se salta il tappo, brinderemo finalmen­te coi liquami.


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