mardi, avril 19, 2011

Però Lassini le Procure le conosce davvero

Però Lassini le Procure le conosce davvero | The Frontpage
Però Lassini le Procure le conosce davvero



Lassini tiene banco. L’autore dei manifesti milanesi “Fuori le BR dalle Procure”. Adesso donna Letizia ha posto un aut aut al Pdl, imponendo il ritiro della candidatura al candidato indisciplinato. Il casto Firmigoni, già alle prese con la grana (radicale) delle firme false, si affretta a precisare che quella non è la posizione del partito e per questo invoca l’opportunità di un’autosospensione. Ci vuole autodisciplina, tuona moderatamente, com’è nel suo stile. La stessa autodisciplina, bisbigliamo noi, che dovrebbe indurre alle dimissioni il Presidente abusivo, che, ben consapevole della mega truffa elettorale, ha mentito per mesi e mesi ai cittadini lombardi.

Che cosa ha fatto Lassini? Quello che i partiti italiani fanno ogni giorno. Tappezzare di manifesti (preventivamente condonati) i muri delle nostre città, violando ogni regola sulla propaganda elettorale. E mentre gli stessi partiti bisticciano per finta e si accordano per vero, i Radicali sono i soli a denunciare lo scempio di legalità nella quasi indifferenza dei grandi mezzi di distrazione di massa.

Eppure questa volta s’è mobilitato nientemeno che il Presidente della Repubblica. Secondo Napolitano s’è oltrepassato il segno. Perché il manifesto “Fuori le BR dalle Procure” è un’offesa alle vittime delle BR. Mi pare logico, no? Ugualmente dettato dalla logica (politica), del resto, è il silenzio della massima carica dello Stato sull’abusivismo sistematizzato. Sull’illegalità sistematizzata.

Ritorniamo però su Lassini. Mentre tutti si sperticano in professioni di cieca fede nella magistratura (e nei magistrati?), la vita di Lassini è una storia da manuale della malagiustizia. Lui le Procure le ha conosciute, con l’irresponsabilità dei magistrati ha dovuto fare i conti sulla propria pelle. Da sindaco di un Comune del milanese al “più nulla”. In mezzo un’indagine per tentata concussione avviata dalla Procura di Milano, 42 giorni di carcere e poi più di cinque anni in attesa di essere assolto con formula piena. La frase che ripete è: “Ho perso tutto”.

Fuori le BR dalle Procure, a rigor di logica, non significa che le Procure sono le BR. Quella delle BR è evidentemente una metafora, un’esagerazione provocatoria, un’iperbole, che io mi sarei volentieri evitata. Ma ancor prima mi sarei evitata questo spettacolo immondo. La sfilata di ipocrisia partitocratica, che dinanzi alla violazione quotidiana della legalità costituzionale non si scompone; dinanzi alle vite dilaniate dalla malagiustizia italiana non batte ciglio; dinanzi all’attivismo a corrente alternata dei magistrati non proferisce parola, se non per ingraziarsi il benestare del terzo potere.
A me il “reato di vilipendio” fa sorridere, come tutti i reati d’opinione. Che la sensibilità del supremo ordine giudiziario ne sia uscita toccata, me ne dispiace. Risentiti lo siamo tutti. Da questo teatrino, che toglie il fiato. E supera la fantasia.


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