vendredi, avril 01, 2011

007 missione Tripoli

Libia, i servizi segreti al lavoro - Lettera43
007 missione Tripoli

Dal Mossad alla Cia, le spie si affrontano in Libia.

lettera43.it   20110331

Fa caldo, a Tripoli. La polvere delle macerie si attacca alla pelle, le divise sono pesanti, il tè scarseggia. E qualcuno si è fatto beccare, mettendo a rischio la sicurezza di tutti gli altri. I primi sono stati due britannici, agenti sotto copertura dell’Mi6, paracadutati sopra Bengasi e catturati dai ribelli. Avevano in tasca alcuni passaporti falsi e istruzioni diplomatiche del governo di sua Maestà.
Errori da dilettanti. Ai tempi della Guerra Fredda non sarebbe successo. Allora i messaggi venivano scritti con inchiostri cancellabili e passati di mano in mano all’interno di caffè fumosi in cui anche i muri avevano orecchie.
IL VUOTO INFORMATIVO. Sessant’anni dopo si è passati alle email. «Non ci siamo concentrati sulla Libia per anni e non ne sappiamo quasi niente», ha scritto alla Casa Bianca Carter F. Ham, prima guida della missione Odissey Dawn e capo di Africom, il dipartimento della Difesa americana di stanza in Africa.
Scripta manent. Per evitare che un eventuale successo di Gheddafi sia attribuito all’ignavia dell’Occidente, si è scatenata la corsa al Nord Africa dimenticato. Spie americane, inglesi, francesi, israeliane e italiane si muovono tra la Cirenaica e la Tripolitania. Trasportano piani, messaggi, dollari e armi. Qualcuno vende mercenari, altri armano i ribelli.
Mentre, per salvare le apparenze, sull’altra sponda del Mediterraneo i politici riflettono sul da farsi.
Il lungo corso delle spie italiane tra petrolio e migranti

Tra i più assidui frequentatori della Libia ci sono gli agenti italiani. Fin dai tempi in cui Benito Mussolini si riferiva al Paese chiamandolo Scatolone di sabbia, con l’orgoglio del possesso mescolato allo sprezzo per il diverso.
Gli 007 di Roma sono cresciuti tra Tripoli, le piattaforme sul mare e i pozzi del sud, nel Sahara dove il colosso energetico Eni ha creato parte della propria fortuna. Habitué tanto dei palazzi del potere quanto delle caserme, i servizi italiani hanno addestrato i militari, contribuito all’assegnazione di appalti e concessioni e sorvegliato gli accordi.
LA CERNIERA LIBICA. L’intelligence è stata a lungo il raccordo strategico tra Roma e il raìs, spianando la strada al rapporto privilegiato che stava tanto a cuore ai governi italiani.
Proprio i servizi, stando a quanto fatto filtrare alla stampa, avrebbero consigliato recentemente al Cavaliere un approccio cauto nei confronti della rivolta di Bengasi. Sembra che gli informatori italiani non si fidassero dei ribelli, né dessero per certo l’esito della guerra. E quindi avessero cercato di non intromettersi finché le cose non si fossero delineate più chiaramente.
IL TRAFFICO DI UOMINI. Tuttavia, una volta che la guerra civile è iniziata, i nostri agenti sembrano avere abbandonato il fronte bellico, per concentrarsi sulle rotte dei migranti. È questa oggi la grossa preoccupazione di Roma: capire chi e come gestisce i flussi. E trovare un accordo per interromperli.
Sembra che patti non scritti venissero d’altra parte siglati anche prima che il raìs firmasse un accordo formale con il premier Silvio Berlusconi sugli sbarchi. Secondo un’interrogazione parlamentare presentata dai Radicali nel 2009, proprio l’Eni avrebbe organizzato rimpatri non ufficiali di immigrati clandestini tramite accordi con i guardia coste libici. Ma la notizia non è mai stata confermata.
Il Mossad recluta mercenari

Ehud Barak e il premier Benjamin Netanyahu.

Di casa in Libia sono anche gli uomini del Mossad, i servizi segreti israeliani. I più preparati, addestrati e precisi del Pianeta.
Mentre l’Occidente abbandonava la Libia alla tirannìa del Colonnello, Israele e il raìs stringevano accordi di collaborazione. Poco importa che il regime di Gheddafi non abbia mai riconosciuto formalmente lo Stato ebraico: quando si parla di soldi ed eserciti, la diplomazia può attendere.
Stando alle ricostruzioni sussurrate negli ambienti diplomatici, gli agenti di Gerusalemme si sono radicati nel sud-est della Libia da otto anni, allo scoppio della guerra del Darfur. Con il placet del Colonnello, il Mossad e i contractor affiliati hanno organizzato campi di addestramento nel deserto libico per i guerriglieri che combattono il presidente sudanese Al-Bashir. In cambio, il raìs ha ricevuto generosi regali e promesse di futuro aiuto.
IL VERTICE ISRAELIANO. L’occasione per sdebitarsi si è presentata in effetti allo scoppio della rivolta libica. Gheddafi ha capito subito che le sue forze non erano sufficienti e ha mandato un Sos a Gerusalemme.
Il 18 febbraio, all’indomani dei primi tumulti, il gotha politico israeliano si è riunito per decidere come comportarsi. Secondo fonti governative citate dal quotidiano conservatore di Tel Aviv Ma’ariv, il premier Benjamin Netanyhau, il ministro della Difesa Ehud Barak, quello degli Esteri Avigdor Lieberman e il capo dell'intelligence, il generale Aviv Cochavi, hanno deciso di affidare la pratica al Mossad. Che, a sua volta, l’ha passata a Global Cst, colosso della sicurezza attivo in tutta l’Africa e il Sud America. Trovare i mercenari per il raìs non è stato difficile: molti arrivano dagli stessi campi di addestramento della guerriglia del Darfur. Con ingaggi da migliaia di dollari al mese.
La Francia infiltra uomini nel Comitato di transizione

Il filosofo Bernard-Henri Lévy.

Sul fronte bellico opposto, quello dei ribelli di Bengasi, i contributi più significativi sono arrivati dalla Francia. Il legame tra Parigi e Gheddafi, appannato negli ultimi anni dal rapporto privilegiato del Colonnello con l’Italia, affonda nel passato coloniale. Secondo gli analisti, i servizi francesi avrebbero infatti salvato la vita a Gheddafi nel 1969, sventando un attentato all’indomani del golpe con cui depose il re Idris.
RIVOLTA CREATA A PARIGI. Oggi, però, le intenzioni degli agenti segreti sono ben diverse. Fiutata l’occasione per l’Eliseo di recuperare un ruolo di primo piano in Nord Africa, le spie francesi sono state le prime a muoversi per rovesciare il regime.
Stando alle informazioni che l’intelligence italiana ha fatto filtrare alla stampa, la rivolta della Cirenaica è stata preparata a Parigi già nell’autunno scorso.
Nouri Mesmari, fedelissimo di Gheddafi, nell’ottobre 2010 ha lasciato Tripoli ed è riparato in Francia, chiedendo asilo politico. Da qui, Mesmari ha messo in contatto le spie d’Oltralpe con potenziali rivoluzionari di Bengasi.
Gli incontri tra i francesi e i libici si sono ripetuti fino a Natale. A questo punto, trovati gli uomini, l’Eliseo li ha equipaggiati con le armi sufficienti a iniziare la rivolta.
ARMI E DIPLOMAZIA. Gli agenti di Sarkozy sono rimasti sul campo mentre i tumulti crescevano. E gli emissari diplomatici francesi, grazie al lavoro preparatorio dei servizi, sono potuti entrare in contatto con il Comitato di transizione nazionale prima di tutti i partner europei. La strada è stata aperta da Bernard Henri-Levì che ha formalmente portato gli insorti davanti al capo di Stato francese a fine febbraio. E questo ha riconosciuto in tempi da record il governo degli insorti.
Nell’ultimo mese, secondo quando riferito da fonti governative, gli agenti di Parigi avrebbero aumentato la dotazione bellica dei ribelli. Ai primi di marzo un carico di armi leggere e pesanti ha raggiunto Bengasi, mascherato come aiuti umanitari.
I britannici trasformano i ribelli in un esercito

Per ora le milizie anti-Gheddafi si sono rifornite rubando armi e munizioni all'esercito lealista (Ap Images).

Nello stesso periodo sono entrati in gioco anche i britannici dell’Mi6 e gli uomini della Cia. La presenza dei primi è stata rilevata in tempo reale, per colpa di quel famoso atterraggio poco fortunato: sei uomini delle forze armate e due agenti della militar intelligence inglese sono stati catturati dagli insorti il 6 marzo, ancora con i paracadute addosso.
Un piccolo giallo nel giallo: formalmente, le spie della regina erano in missione per prendere contatto con il neo-costituito governo di Bengasi. Ma i primi 007 sono stati scambiati per mercenari al soldo del raìs.
CACCIA ALL’ARSENALE. Risolto l’equivoco, tuttavia, le spie sono giunte da Londra in Cirenaica a dozzine. Gli specialisti inglesi sono stati assoldati per stanare i depositi di armi del Colonello, e nello specifico i missili terra-aria di fabbricazione sovietica.
Secondo fonti pachistane, inoltre, i britannici da tre settimane sono impegnati nell’improbo compito di rendere l’armata Brancaleone dei ribelli un vero esercito, insegnando loro non solo il mestiere delle armi ma anche la disciplina.
La Cia fa da raccordo alla Nato

Il presidente egiziano Hosni Mubarak con Barack Obama (Ap Images).

Gli ultimi arrivati in Libia sono gli uomini di Washington. Barack Obama ha dato il nulla osta all’invio di agenti tra la fine di febbraio e l’inizio di marzo: quando ormai era troppo tardi per fare qualsiasi altra cosa.
Gli americani hanno da recuperare un vuoto informativo lungo quasi un decennio. L’ultimo contatto degli 007 statunitensi con la Libia risale al 2003, quando vennero inviati da George W. Bush a vigilare sullo smantellamento dell’arsenale nucleare di Gheddafi. Al termine della missione, come ha goffamente ricordato il generale Carter Ham, il Nord Africa è stato dimenticato.
DIVIDE ET IMPERA. Adesso gli statunitensi sono costretti a bruciare i tempi. Devono fornire supporto ai militari dell’Alleanza, organizzare la resistenza dei ribelli e creare ad arte crepe nella difesa del raìs.
La Cia ha sguinzagliato una parte di agenti lungo la via Balbia, il serpentone assolato disseminato di carri armati e terminal petroliferi che dalla capitale libica si snoda fino a Bengasi. Il loro primo compito è scoprire di quanti soldati dispone Gheddafi, dove nasconde le armi e quali saranno le prossime mosse dei suoi uomini.
Ma agli 007 tocca anche provare a convincere le truppe del raìs alla defezione, oltre che raccogliere informazioni sui ribelli, nelle cui file si annidano probabilmente infiltrati di al Qaeda.
STRATEGIE BELLICHE. Il restante manipolo di spie Usa guida gli aerei da ricognizione U2, che sorvolano il territorio per individuare i bersagli da colpire. Le informazioni vengono quindi passate agli aeromobili da ricognizione Global Hawk e da questi agli analisti su terra, che le girano a chi prepara le missioni dei bombardieri.
Le strategie di guerra si delineano così minuto per minuto, direttamente sul campo. Mentre in mondovisione si trasmettono le immagini di riunioni internazionali che dovrebbero stabilire quello che gli agenti fanno già da settimane.


Giovedì, 31 Marzo 2011


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