jeudi, août 19, 2010

Il popolo è sovrano, basta che non decida di abrogare qualcosa

Il popolo è sovrano, basta che non decida di abrogare qualcosa

ItaliaOggi Numero 196 pag. 7 del 19/8/2010 PRIMO PIANO di Serena Gana Cavallo

I custodi della Costituzione fanno finta di non vedere che l'articolo 75 sul referendum è andato a farsi benedire
La Costituzione italiana, si sa, è la migliore costituzione possibile per il migliore dei mondi possibili. I suoi 347 padri e le sue nove madri, una volta nata la meravigliosa creatura pur dopo non pochi contrasti in itinere sulle sue fattezze definitive, decisero che fosse dotata di attenti e vigorosi difensori onde tutelarne la salute e proteggerla da malintenzionati che avessero voluto, che so, scorciarle i capelli, variare qualche ornamento, intaccarne i lineamenti e le linee perfette. A nume tutelare dei difensori fu scelto Agilulfo Emo Bertrandino dei Guildiverni e degli Altri di Corbentraz e Sura, Cavaliere di Selimpia Citeriore e Fez, le cui gloriose vicende di difensore di fanciulle narrò Italo Calvino. Per ragioni di massima sicurezza la Costituzione fu messa a dimorare nel Paese di Shangri-Là, che non è un hotel, ma un posto segreto e sperduto ma perfetto, di cui ha scritto James Hilton e che fu filmato da Frank Capra, che aveva, tra i suoi infiniti pregi, quello di essere la sede della fonte della perenne giovinezza. Con un piccolo inconveniente: chi ne usciva, si vedeva, tutto d'un tratto, piombare addosso tutti i suoi anni reali divenendo, in un amen, incartapecorito più o meno come la mummia di Seti I, se avete presente.
Avventatamente la Costituzione, con orrore dei suoi guardiani, mise un giorno fuori il nasino e perse parecchio del suo smalto. I custodi la bloccarono sulla soglia e cominciarono a discutere su che tipo di interventi di chirurgia estetica (ed anche un po' funzionale, visto che barcollava vistosamente) sarebbe stato necessario orientarsi. Non se ne fece nulla e la poveretta continuò a deperire, ma poiché, dopotutto, era sempre, nell'animo, la splendida fanciulla di un tempo tutti furono d'accordo per continuare a difenderla decantandone le lodi. Fecero così finta di non vedere che, per esempio, il cosiddetto articolo 75, uno di quelli ricollegabili ad una zona del cerebro, fondamentale per dare coerenza alla storia del popolo sovrano individuabile nella fronte un tempo luminosa, pura e ornata da uno stellone, era andato completamente a farsi benedire. Infatti i referendum indetti sulla base di quell'articolo, dopo qualche esperimento di generale soddisfazione cominciarono e deperire. Una legge abrogata usciva da una porta e, dopo pochissimo tempo, con qualche orpello in più, rientrava dalla finestra. Il Ministero dell'agricoltura si è trasformato in Ministero delle politiche agricole e lì saldo rimane, perché ad un terzo referendum per abolirlo tutti si erano stufati e lo mandarono buca.
Il Ministero del turismo e spettacolo, dopo l'abrogazione è rinato a metà: solo il turismo. L'abolizione del finanziamento pubblico ai partiti, dopo un primo flop nel 1978 ottenne un consenso pressoché plebiscitario (90,3%) nel 1993, ma anche qui, dopo che il tutto si era trasformato, nel dicembre 1993 con una prontezza di riflessi invidiabile, da finanziamento a contributo, il popolo sovrano, definitivamente scaglionato decise, nel 1999, che non valeva la pena di sprecarci un'altra domenica di primavera e andò a fare una gran mangiata fuori porta, per non sentirsi del tutto escluso dal festino. Tre mesi dopo il «contributo» divenne «rimborso spese per consultazioni elettorali e referendarie» (coglierete senz'altro la sottile ironia), e va sottolineato che la parola rimborso è un termine come un altro, non avendo alcun collegamento con spese concretamente sostenute ma essendo in pratica un lucrosissimo finanziamento a vantaggio di chiunque si inventi, dall'oggi al domani, un partitino o una lista di paese. Ad un certo punto gli italiani, sempre innamorati della loro Costituzione, convenirono che non c'era motivo al mondo per cui i magistrati non dovessero esser tenuti responsabili dei loro errori e nel 1985 votarono, all'80%, per l'abolizione delle norme limitative della responsabilità civile per i giudici. Giusto il tempo di rifiatare e nel 1988 fu deciso che se i magistrati sbagliavano era lo Stato che doveva risarcire.
Ai più sfuggì perché analoga norma non venisse emanata anche per tutti i medici del servizio sanitario nazionale, tanto per fare un esempio. Comunque, da allora paghiamo tutto noi, ma il principio che i magistrati possono sbagliare è salvo. A scanso di equivoci la Corte Costituzionale nel 2007 dichiarò inammissibile un ulteriore referendum per abrogare la nuova legge.
La ciliegina sulla torta è costituita dal referendum che, nel giugno del 1995, stabilì che era opportuno procedere alla privatizzazione della Rai. Qui non è stata sprecata nemmeno la fatica di una leggina ad hoc: semplicemente non si è mosso un capello e tutto è rimasto immutato. E i custodi della Costituzione? Son lì, uno dopo l'altro, che lodano la Costituzione, inneggiano alla sua validità, alla sua profonda bellezza. Sull'articolo 75 fanno i vaghi. Ammettono che sì, forse qualcosina da cambiare c'è, magari il bicameralismo troppo perfetto, ma comunque tutto va bene: dopo tutto, il popolo è sovrano. Non c'è scandalo se la Rai viene trattata come bancomat per amici e parenti: la Rai è del popolo, in fondo siamo sempre lì. Il popolo è sovrano e paga il conto.

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