Ecco la
prova: i giudici fanno politica
Lo studio di due ricercatori svela: i magistrati di
sinistra indagano di più la destraEcco la prova: i giudici fanno politicail
caso La persecuzione degli avversari rilevata in un saggio scientifico
Luca Fazzo
- ilgiornale.it 12/09/2013 -
08:00
Alla fine, la questione può essere riassunta così, un po' cinicamente:
ma d'altronde il convegno si tiene nella terra del Machiavelli. «Chiunque di
noi fa preferenze. Se può scegliere se indagare su un nemico o su un amico,
indaga sul nemico. È l'istinto umano. E vale anche in politologia». Parola di
Andrea Ceron, ricercatore alla facoltà di Scienze politiche di Milano. Che
insieme al collega Marco Mainenti si è messo di buzzo buono a cercare risposte
scientifiche a una domanda che si trascina da decenni: ma è vero che in Italia
i giudici indagano in base alle loro preferenze politiche? La risposta Ceron e
Mainenti la daranno oggi a Firenze, presentando il loro paper - anticipato ieri
dal Foglio - in occasione del convengo annuale della Società italiana di
Scienza politica. È una risposta basata su tabelle un po' difficili da capire,
modelli matematici, eccetera. Ma la risposta è chiara: sì, è vero. La
magistratura italiana è una magistratura politicizzata, le cui scelte sono
condizionate dalle convinzioni politiche dei magistrati. I pm di sinistra
preferiscono indagare sui politici di destra. I pm di destra chiudono un occhio
quando di mezzo ci sono i loro referenti politici. Una tragedia o la conferma
scientifica dell'esistenza dell'acqua calda? Forse tutte e due le cose insieme.
Ventidue pagine, rigorosamente scritte in inglese, intitolate «Toga
Party: the political basis of judicial investigations against MPs in Italy,
1983-2013». Dove MPs è l'acronimo internazionale per «membri del Parlamento». I
politici, la casta, quelli che da un capo all'altro della terra devono fare i
conti con le attenzioni della magistratura. Racconta Ceron: «Nei paesi dove i
magistrati sono eletti dalla popolazione, come l'America o l'Australia, che si
facciano condizionare dalla appartenenza politica è noto e quasi scontato. Ma
cosa succede nei paesi, come l'Italia, dove in magistratura si entra per
concorso e dove non c'è un controllo politico? Questa è la domanda da cui
abbiamo preso le mosse».
Ricerca articolata su due hypothesis, come si fa tra scienziati empirici: 1) più l'orientamento politico di un giudice è lontano da quello di un partito, più il giudice è disposto a procedere contro quel partito; 2) i giudici sono più disponibili a indagare su un partito, quanto più i partiti rivali aumentano i loro seggi.
Ricerca articolata su due hypothesis, come si fa tra scienziati empirici: 1) più l'orientamento politico di un giudice è lontano da quello di un partito, più il giudice è disposto a procedere contro quel partito; 2) i giudici sono più disponibili a indagare su un partito, quanto più i partiti rivali aumentano i loro seggi.
Come si fa a dare una risposta che
non sia una chiacchiera da bar? Andando a prendere una per una le richiesta di
autorizzazione a procedere inviate dalle procure di tutta Italia al Parlamento
nel corso di trent'anni, prima, durante e dopo Mani Pulite; catalogando il
partito di appartenenza dei destinatari. E andando a incrociare questo dato con
l'andamento, negli stessi anni e negli stessi tribunali, delle elezioni per gli
organi dirigenti dell'Associazione nazionale magistrati, l'organizzazione
sindacale delle toghe, catalogandoli in base al successo delle correnti di
sinistra (Magistratura democratica e Movimento per la giustizia), di centro
(Unicost) e di destra (Magistratura indipendente); e dividendo un po'
bruscamente in «tribunali rossi» e in «tribunali blu». «Il responso è stato
inequivocabile», dice Ceron. Ovvero, come si legge nel paper: «I risultati
forniscono una forte prova dell'impatto delle preferenze dei giudici sulle
indagini. I tribunali dove un numero più alto di giudici di sinistra
appartengono a Md e all'Mg, tendono a indagare maggiormente sui partiti di
destra. La politicizzazione funziona in entrambe le direzioni: un aumento di
voti per le fazioni di destra fa scendere le richieste contro i partiti di
destra».
I numeri sono quelli di una gigantesca retata: 1.256 richieste di autorizzazione a procedere nei confronti di 1.399 parlamentari. Di queste, i due ricercatori hanno focalizzato quelle relative ai reati di corruzione e finanziamento illecito: 526, per 589 parlamentari. Fino al 1993, come è noto, l'autorizzazione serviva anche per aprire le indagini, oggi è necessaria solo per arrestare o intercettare.
I numeri sono quelli di una gigantesca retata: 1.256 richieste di autorizzazione a procedere nei confronti di 1.399 parlamentari. Di queste, i due ricercatori hanno focalizzato quelle relative ai reati di corruzione e finanziamento illecito: 526, per 589 parlamentari. Fino al 1993, come è noto, l'autorizzazione serviva anche per aprire le indagini, oggi è necessaria solo per arrestare o intercettare.
Ma, secondo la richiesta di Ceron e Mainardi, non è cambiato nulla:
almeno nella componente ideologica dell'accusa, che i due considerano
scientificamente e platealmente dimostrata. Dietro due grandi alibi, che sono
la mancanza di risorse e la presunta obbligatorietà dell'azione penale, di
fatto vige la più ampia discrezionalità. È un pm quasi sempre ideologicamente schierato
a scegliere su quale politico indagare. E quasi sempre dimentica di
dimenticarsi le sue opinioni.
«L'analisi dei dati - spiega Ceron - dice che i comportamenti sono
lievemente diversi tra giudici di sinistra e di destra: quelli di sinistra sono
più attivi nell'indagare gli avversari, quelli di destra preferiscono
risparmiare accuse ai politici del loro schieramento». Ma in ogni caso, di
giustizia piegata all'ideologia e all'appartenenza politica si tratta. Unita ad
un'altra costante, di cui pure qualche traccia si coglie a occhio nudo: fino a
quando un partito è saldamente al potere, i pm sono cauti. Ma quando il suo
potere traballa e si logora, allora si scatenano.
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