"Giustizia
usata per scopi politici". Se lo dice anche la Boccassini...
La Boccassini attacca a testa bassa i suoi
colleghi: "Ci sono dei pubblici ministeri che hanno usato il loro lavoro
per altro". E ancora: "Provo disagio quando la gente inneggia ai
pm". Che dire del suo fervore antiberlusconiano?
Andrea Indini - Sab, 14/09/2013 -
11:00 ilgiornale.it
Sempre sulla cresta dell'onda, sempre
alla ribalta dei tiggì e giornali. A poche settimane dalla condanna monstre di Silvio Berlusconi per il Rubygate, il pm Ilda
Boccassini va all'attacco dei suoi colleghi, i giudici.
Una sparata senza precedenti contro
le toghe politicizzate, contro quella branca della magistratura che
ha usato le aule di tribunale per spiccare il volo in parlamento. A Ilda la
Rossa, che la politica l'ha sempre fatta direttamente nei corridoi del Palazzo
di Giustizia di Milano, proprio non vanno giù i vari Antonio Di Pietro, Luigi
De Magistris e Antonio Ingroia che, negli ultimi anni, hanno amaramente tentato
di accaparrarsi una poltrona."Non è una patologia della magistratura -
ha spiegato la pm di Milano - ma ci sono dei pubblici ministeri che hanno usato
il loro lavoro per altro".
Dai processi alla mafia infiltrata
nel Nord Italia alla valanga giustizialista ribattezzata Tangentopoli, fino a
quei sette anni inflitti al Cavaliere per il teorema montato ad arte suKarima
el Mahroug, la Boccassini ha conquistato prime pagine sui quotidiani e
lunghi servizi nei telegiornali nazionali spettacolarizzando il Rubygate con
telefonate piccanti, scene di burlesque e gossip di seconda mano e trasformando
il tribunale nella succursale di una rivista patinata. Ilda la Rossa, un po'
per il colore dei capelli, un po' per la sua tenacia nell'attaccare Berlusconi.
Che sia proprio lei a tirare le orecchie a quei magistrati che hanno usato le
cause, che gli venivano affidate, per farsi strada nella politica. Non fa nomi.
Li lascia aleggiare nell'aria. In occasione della presentazione del libro L'onere
della toga di Lionello Mancini, ha duettato col direttore del Corriere
della Sera Ferruccio de Bortoli sul "ruolo
eccessivo" di "supplenza" che, troppo
spesso, le procure hanno assunto. "Se avessi avuto l’impressione
di una patologia - ha garantito - avrei avuto la forza di tirami indietro".
Il pm del processo Ruby ha riconosciuto che negli ultimi
vent’anni c’è stato uno "scontro tra mass media, magistratura e
politica". Uno stato di "conflittualità talmente
alta" che, a suo giudizio, ha impedito lo svolgimento di una "riflessione" anche
all’interno della categoria professionale. È mancata, è il ragionamento della
Boccassina, una autocritica che la categoria avrebbe dovuto fare (e non ha fatto)
dopo la morte di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino.
Ricordando gli anni di Tangentopoli e
la sua esperienza nel team di Mani pulite, la Boccassini ha rivelato di aver "provato
una cosa terribile" quando le capitò di assistere alla gente che
inneggiava ai pm, scandendone i nomi. "La vivo come una situazione
di disagio - ha spiegato - non è quello (l’approvazione della gente, ndr.) che
mi deve spingere ad andare avanti, ma fare bene il mio mestiere". "Anche
se i nostri nomi posso essere usciti dieci volte in più sui giornali rispetto
ai pm la cui storia è raccontata nel libro, io e Giuseppe Pignatone siamo
persone normali", ha concluso la Boccassini rivolgendosi al
procuratore di Roma, intervenuto anch’egli alla presentazione. "Siamo
persone normali che, nella normalità, cercano di "affrontare l’invasione
mediatica". In realtà, le campagne contro Berlusconi raccontano tutta
un'altra Boccassini.
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