vendredi, juillet 27, 2012

UE la vera guerra nord-sud

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lettera43.it    20120727


Ue, la vera guerra Nord-Sud

I dossier su cui l'Europa è divisa.

di Giovanna Faggionato
Infrastrutture e industria tessile, etichette e dogane: nei corridoi di Bruxelles e Strasburgo, tra le poltrone del parlamento europeo o negli uffici dei lobbisti, si parla di economia reale. Quella fatta di fabbriche, sudore e lavoro, da cui il premier Mario Monti vorrebbe ripartire.
Ma a guardare i dossier in mano agli europarlamentari delle commissioni Mercato interno e Commercio internazionale, si scopre che la guerra tra il Nord e il Sud d'Europa inizia proprio da qui. Dalla visione del mercato e dell'industria continentale, dagli interessi divergenti di chi ha delocalizzato la manifattura e di chi la difende a denti stretti.
TENSIONE TRA SUD E NORD. Il solco tra Europa del Nord e del Sud ha radici profonde quanto la nascita del mercato europeo. Dagli Anni 90, infatti, le uniche potenze manifatturiere del Nord, cioè Gran Bretagna e Germania hanno deciso di puntare sulla terziarizzazione. Con una visione precisa: l'idea che l'Europa  fosse destinata ad abbandonare la produzione industriale per diventare un centro strategico di servizi e distribuzione. Su queste basi è stato costruito il mercato unico, ancora oggi il più libero del globo.
IL BILANCIO DELL'INDUSTRIA. In questo modo la costruzione europea è avvenuta in contrasto con gli interessi delle grandi economie manifatturiere del Sud, meno pronte a competere sul mercato globalizzato, con un alto contenuto artigianale e tendenzialmente bassi investimenti in innovazione.
Alla crisi ha contribuito anche la nascita della moneta unica che, fondata sul marco tedesco, ha impedito di fare leva sulla svalutazione per spingere le esportazioni. Intanto Londra scommetteva sulla finanza e la Germania delocalizzava intere fasi della filiera manifatturiera, concentrando gli investimenti sull'industria ad alto contenuto scientifico tecnologico, dalla meccanica alla chimica, fino alla farmaceutica.
L'INVERSIONE DEL TREND NEL 2005. Il risultato di questo processo è ben riassunto dai dati sulla produzione industriale elaborati da Banca d'Italia. Fino ai primi Anni 2000 il livello tedesco era sotto la media Ue, mentre Italia, Francia e Spagna veleggiavano sopra il valore medio. Poi nel 2005 il trend si è invertito. Allora la crisi del debito non era nemmeno all'orizzonte, ma il conflitto dell'economia reale era già in corso. E non è mai finito: con l'aiuto degli europarlamentari Lara Comi, Cristiana Muscardini, Gianluca Susta, e Patrizia Toia, Lettera43.it ha analizzato le quattro più importanti partite su cui ora si sta giocando lo scontro tra le due anime dell'Europa.

1. Il regolamento del 'made in' per proteggere il mercato interno

Il regolamento del 'made in' è la madre di tutte le battaglie. Approvato dall'europarlamento nell'ottobre 2010, con una maggioranza di 525 voti a favore, impone semplicemente l'obbligo di etichettatura e l'indicazione di origine per le merci che entrano nel mercato dell'Ue.
Per gli Stati del Sud le nuove regole adeguano l'Europa ai sistemi in vigore negli Usa, in Giappone e in Cina: tutti mercati che prevedono una maggiore selezione per le merci straniere. E sono anche uno strumento per difendere i consumatori, accertare il rispetto delle norme igieniche e ambientali da parte di Paesi terzi e e individuare i responsabili di pratiche di concorrenza sleale.
L'OSTRUZIONISMO DEL CONSIGLIO. I governi del Nord Europa che non sono interessati a proteggere le produzioni manifatturiere, ma piuttosto - dicono le malelingue - a celare le delocalizzazioni nei Paesi emergenti, le considerano invece uno strumento che rende il mercato meno 'libero'.
Oppositori feroci del regolamento sono gli inglesi e i tedeschi. In contrapposizione al Nord, però, si è creato un nuovo asse tra le potenze manifatturiere del Sud e quelle dell'Est Europa: Spagna, Italia e Francia da una parte e Romania e Polonia dall'altra. Ma l'ostruzionismo del blocco settentrionale è altissimo e il regolamento attende ancora il voto del Consiglio Ue.

2. Il regolamento del settore tessile: il 50% del prodotto made in Ue

Entrato in vigore a maggio, il nuovo regolamento del tessile è stato fortemente voluto dai Paesi che hanno una manifattura ancora vicina all'artigianato in settori come l'abbigliamento, ma anche l'arredamento e l'alimentare (che attendono una regolamentazione simile).
Anche se solo a livello facoltativo, le nuove norme prevedono la tracciabilità di tutte le macro fasi di lavorazione: in questo caso filatura, tessitura, nobilitazione e confezionamento. E specificano che l'etichetta di made in Europe può essere applicata solo se due fasi su quattro avvengono all'interno dei confini dell'Ue.
LA RICERCA SUI CONSUMATORI. Il parlamento aveva chiesto di rendere la tracciabilità obbligatoria e allargarla alle merci di importazione.
Su questo punto, però, si è registrata un nuovo braccio di ferro. Contrari alla nuova etichetta sono i Paesi settentrionali - Danimarca, Olanda, Svezia, Germania -, con una cultura del mercato centrata sul consumatore e poca sensibilità alla manifattura. Favorevoli i Paesi dell'Europa sud orientale: Italia, Spagna, Portogallo, Francia e Polonia.
Risultato: il parlamento ha dato il via libera, ma i negoziati si sono arenati ancora una volta a livello di Consiglio Ue.
I governi hanno chiesto alla commissione Industria di realizzare una ricerca tra i consumatori per verificare la necessità di dare informazioni più accurate sull'orgine dei prodotti. Lo studio deve essere presentato entro il 30 settembre 2013 e il risultato non è scontato. «Nella cultura dei Paesi del Nord è il brand che deve fare da garanzia di qualità: l'idea della tracciabilità potrebbe essere bocciata», ha spiegato Comi.

3. Il codice degli appalti

Il codice degli appalti è forse il dossier più importante: si tratta della normativa che regola l'accesso alle gare d'appalto per le grandi opere e le infrastrutture. Una partita da miliardi di euro. La proposta per un nuovo pacchetto di regole è stata presentata congiuntamente dai commissari al Commercio, Karel De Gucht, e al Mercato interno, Michel Barnier e ora è in discussione al parlamento europeo.
Data la complessità del faldone, l'approdo in aula è atteso per i primi mesi del 2013. Ma lo scontro si annuncia duro.
IL SUD PER LA RECIPROCITÀ. I 'liberisti' Paesi dell'Europa del Nord sostengono, infatti, la completa apertura del settore. I Paesi dell'Europa del Sud, invece, si definiscono sostenitori del principio di reciprocità. Cioè della necessità di una corrispondenza tra i criteri di accesso alle gare in vigore nell'Ue e nei Paesi emergenti, dalla Cina alle nuove potenze sudamericane.
«Non stiamo lottando per il protezionismo», ha puntualizzato Susta, «ma perché anche gli altri mercati si aprano alle imprese europee».

4. Il codice delle dogane

Altro fascicolo cruciale che dovrebbe essere votato nel 2013 è il nuovo codice delle dogane. La normativa comprende temi sensibili come i controlli alle frontiere, l'imposizione di dazi e soprattutto la lotta alla contraffazione, di fondamentale importanza per il settore manifatturiero.
E anche in questo caso, è in atto uno scontro tra l'anima  europea del Nord, più liberista,  e quella del Sud che invoca l'applicazione di norme commerciali più rigide. 
Venerdì, 27 Luglio 2012

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