samedi, juillet 28, 2012

Crisi, "L'euro rischia la distruzione E tra i tedeschi l'umore peggiora"

 

lastampa.it      20120728
28/07/2012 - INTERVISTA A LARS FELD

Crisi, "L'euro rischia la distruzione
E tra i tedeschi l'umore peggiora"

Il "saggio" della Merkel: Italia non è la Spagna. Riforma 
del lavoro? Insufficiente

TANIA MASTROBUONI

Ha firmato con i più importanti economisti europei riuniti sotto la sigla “Inet” un appello che parla del rischio elevatissimo di una fine dell’euro. E in quest’intervista Lars Feld, che figura nel più importante consiglio di economisti tedeschi, quello dei cosiddetti “cinque saggi” di Angela Merkel, spiega quali sono i suoi timori, anche riguardo agli scenari e agli umori che circolano nel suo paese.

Professore, l’impressione è che in Germania si stia discutendo con una certa leggerezza delle conseguenze della fine dell’euro.

«L’uscita della Germania dall’euro o un crollo della moneta unica, sarebbero molto costosi. Attualmente le imprese, le banche e lo Stato sono esposte verso il resto dell’eurozona per 2.800 miliardi di euro. A questi vanno aggiunti i titoli a rischio che gravano attualmente sul bilancio della Bundesbank. Totale, 3.300-3.400 miliardi. Nel caso di un’uscita dall’euro finirebbero in una sorta di limbo. Non verrebbero cancellati ma bisognerebbe chiarire come convertirli. Per l’economia tedesca significherebbe che buona parte dei crediti non riuscirebbero a rientrare in tempo nel paese per scongiurare fallimenti a catena di imprese medie. Con la conseguenza di una contrazione massiccia dell’economia tedesca e un aumento dei tassi. È il messaggio di Moody’s».

Rischierebbe il default, nel caso?

«No, ma ad una recessione peggiore di quella attraversata dopo il crollo di Lehman Brothers. La situazione finanziaria tedesca rimarrebbe sotto controllo».

Certo, con il nuovo marco la Germania potrebbe comprarsi mezza Europa...

«Non è così facile da dirsi. Certo, il potere d’acquisto sarebbe maggiore, ma d’altra parte ci sarebbero grandi svantaggi per l’export. Faccio un esempio pratico: anche la Svizzera potrebbe comprarsi molto ora in Europa, in virtù del franco forte; invece risente soprattutto degli svantaggi dell’apprezzamento della sua valuta».

Pensa che l’appoggio all’euro del governo sia ancora pieno?

«Mi sento di parlare a nome di Angela Merkel ma anche del governo quando dico che la Germania crede nell’euro e che farà tutto ciò che può, per preservare l’integrità dell’eurozona».

Ma forse nel suo paese molti pensano che sia meglio uno shock adesso che l’agonia dei salvataggi continui...

«È vero, alcuni pensano che sia meglio una fine terrorizzante che un terrore senza fine. E si percepisce che tra i tedeschi la disponibilità a farsi carico dei salvataggi sta diminuendo. Tuttavia il senso dell’appartenenza all’Europa resta forte. Anche se il tempo vola. Perciò è indispensabile dare attuazione a soluzioni più ampie. Sono seriamente preoccupato per la sopravvivenza dell’euro».

Voi di Inet proponete una temporanea mutualizzazione dei debiti per i paesi virtuosi.

«Sì, siamo convinti che il solo fatto di annunciarlo, magari al prossimo vertice europeo, avrebbe un effetto benefico sugli spread. Voglio ricordare che non è un processo breve: bisogna cambiare i Trattati ed è una misura legata a una serie di garanzie non facili da digerire per qualcuno, come le riserve auree».

Intanto però la Spagna si dirige a tutta velocità verso il default.

«Se ci saranno ancora delle turbolenze, la Bce potrà intervenire comprando titoli di Stato e difendere questa scelta con l’esigenza di tutelare il corretto funzionamento della politica monetaria. Certo, non può annunciare al mercato che garantirà migliori condizioni di finanziamento:sarebbeunamonetizzazione delle finanze pubbliche attraverso la Bce».

E l’Italia può essere liberata dal contagio della crisi spagnola?

«Sì, per il semplice motivo che ha fondamentali molto diversi. L’Italia è un paese molto ricco. Non deve certo nascondersi, nel confronto con la Germania. Non ha assolutamente un problema di solvibilità. Inoltre sta risanando talmente bene i bilanci che ha un avanzo primario migliore di quello tedesco. Lo sforzo è notevole. Ma l’Italia ha un problema strutturale di bassa crescita che deriva da un mercato del lavoro molto rigido e incrostato. So che non è un problema semplice da risolvere. Ma le misure adottate sinora per la riforma del lavoro sono insufficienti. Se al governo Monti riuscirà di rendere il mercato molto più flessibile, l’Italia avrà fatto un gigantesco passo in avanti».

 

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