vendredi, février 18, 2011

Le favole di Travaglio sui pm

Il Riformista
Le favole di Travaglio sui pm

di Stefano Cappellini  ilriformista.it   20110218


Chi ha detto che questo è un paese che non crede più alle favole? Ci crede, ci crede. Noi, per esempio...
©MAURO SCROBOGNA/LAPRESSE NELLA FOTO GUIDO CALVI
Chi ha detto che questo è un paese che non crede più alle favole? Ci crede, ci crede. Noi, per esempio, quando vogliamo estasiarci della presenza di menti ancora aperte ai piaceri della affabulazione più estrema, leggiamo Marco Travaglio sul “Fatto”. Che ieri, ancora una volta, non ci ha deluso.
Travaglio si è occupato di garantismo, a dimostrazione che il suo è un giornalismo che non teme niente e nessuno, al punto di spingersi in territori per lui inesplorati. Lo ha fatto recuperando (con ritardo) una intervista che Guido Calvi ha concesso al Riformista la scorsa settimana, nella quale l’ex parlamentare Ds e attuale membro laico del Csm deplorava gli ultimi sviluppi del circuito mediatico-giudiziario, quelli che, per dirla terra terra, permettono ai giornali di pubblicare atti giudiziari coperti da segreto istruttorio ormai in tempo quasi reale rispetto alle indagini.
Travaglio ci informa che «nelle mailing list dei magistrati» - alle quali deve essere iscritto ad honorem, presumiamo - l’intervista di Calvi ha fatto molto discutere, al punto che alcuni membri togati del Csm sarebbero intenzionati «a pretendere spiegazioni dal collega laico». E fin qui pare quasi una notizia. Poi Travaglio si dedica a contestare le (sacrosante) argomentazioni di Calvi.
In uno dei passaggi più significativi dell’intervista, Calvi - preoccupato del fatto che il proc—esso mediatico abbia fagocitato il processo vero e proprio - sosteneva: «Non credo affatto che esista un dovere per il giornalista di pubblicare ogni cosa... La formazione della prova rischia di essere influenzata proprio dalla simbiosi, dallo scambio reciproco di documenti fra magistrati e giornalisti». Contesta Travaglio: «La domanda - che si rincorre nelle mail di molte toghe - è semplice: quali prove ha Calvi che questo o quel magistrato “scambi” carte segrete con questo o quel giornalista?». Tiri fuori prove o nomi dello scambio, incalza Travaglio, oppure taccia per sempre.
Ora, su uno che chiede quali prove ci siano del fatto che esiste un passaggio di carte tra pm e giornalisti si possono formulare due teorie: la prima, Travaglio scrive sui giornali ma non li legge, ecco perché gli è sfuggito quel centinaio di migliaia di pagine che negli ultimi anni sono uscite zeppe di brogliacci telefonici. La seconda, Travaglio legge i giornali ma ritiene - se ne sarà convinto frequentando le chat togate - che la fuga di notizie dagli uffici giudiziari è l’unico reato del quale è bene disinteressarsi e che, comunque, non è mai colpa dei pm. Ecco perché crede alle favole. Ed è ammirevole alla sua età. Con questo pezzo Travaglio ha dimostrato quanto varie siano le muse ispiratrici del suo giornalismo. Lui si professa da sempre allievo di Indro Montanelli. Ma è giusto riconoscere tra le righe della sua prosa gli echi di un Esopo, dei fratelli Grimm, di Andersen e Collodi. Soprattutto Collodi.


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