mardi, juin 12, 2012

«Il debito pubblico è furto»

«Il debito pubblico è furto»

Il sociologo francese Alain Touraine: «Gli studenti sono quelli a cui si toglie di più». Per questo devono «protestare forte».

di Giovanna Faggionato    Lunedì, 11 Giugno 2012     lettera43.it

Quando presentò la sua tesi di dottorato, il professore gli disse: «Va bene, ora torniamo sulla terra». Ma Alain Touraine, padre nobile della sociologia francese, è ancora convinto del potere dell'immaginazione: «Per superare questa crisi dobbiamo inventarci nuove forze sociali e politiche».
Ha studiato la fabbrica e il movimento operaio, il 68 e il maggio in cui a Parigi tornarono le barricate.
Poi si è innamorato delle lotte latinoamericane, ha insegnato in Cile e in America, a Harvard e alla Columbia, per poi tornare in Europa e indagare la globalizzazione.
Intellettuale da rive gauche, ex direttore dell'École des hautes études en Sciences sociales, ha frequentato Rue Solferino e il quartiere generale del partito socialista.
UN LIBRO CON ROYALE. Ha collaborato al think tank europeista di Dominique Strauss-Kahn, ha scritto un libro a quattro mani con Ségolène Royale, ma senza rinunciare ad attaccare un partito diventato l'ombra di se stesso.
Non risparmia stoccate nemmeno ai suoi colleghi intellettuali, assenti e senza idee.
E oggi che è padre di Marisol, ministro francese degli Affari sociali, il suo sguardo terso è rivolto al futuro. Agli studenti che lottano contro l'aumento delle tasse universitarie, in Cile, Canada, Gran Bretagna. A quelli che rifiutano la politica, ai giovani in crisi di un'Europa in crisi.
«Sa che cos'è il debito?», domanda in un guizzo, «è semplicemente denaro che rubiamo ogni giorno ai nostri ragazzi, ai nostri bambini».

DOMANDA. I giovani si ribellano dal Nord America all'Europa, passando per il Cile. Che cosa sta succedendo?
RISPOSTA. Succede che gli studenti vivono una condizione particolare: li si pensa in funzione del mercato quando si tratta di far pagare loro l'istruzione. E li si pensa fuori quando bisogna pensare a trovar loro un impiego, quando gli stage non sono pagati e quando non si riesce a creare posti di lavoro pari all'offerta di talento.
D. Non c'è equità?
R. Gli studenti sono quelli che ricevono meno e a cui si toglie di più.
D. Non sono diventati consumatori come tutti?
R. Ma no, molti per la maggior parte del tempo non consumano proprio niente. Una parte di loro lavora, è vero, anche a tempo pieno. Ma, per esempio, sappiamo che sono in quella fetta di popolazione che rimanda le cure mediche perché non ha i soldi.
DInsomma, hanno ragione?
R. Il movimento studentesco è cambiato. Quello degli Anni '60 in Italia, Francia e anche negli Usa, muoveva una critica generale alla società. Quello di oggi, invece, difende i propri interessi economici, i proprio bisogni, ma proprio facendo così fa l'interesse generale.
D. Il bene individuale corrisponde a quello collettivo?
R. 
Se si investisse nei giovani come forza di innovazione e di lavoro avremmo fatto fare un passo avanti alla società. Gli interessi di questo gruppo, ora, sono l'interesse generale.
D. Sono come il movimento operaio?
Il movimento operaio c'è e ci sono molti più operai di prima. Ora, però, anche gli studenti sanno di essere un attore economico. E questo è importante.
D. A proposito di movimenti, di recente Occupy Wall Street ha fatto molto parlare di sé.
R. Occupy è un movimento utile. Uno dei vari che incanalano la collera sociale contro il capitalismo speculativo.
D. Può tradursi in politica?
R. Una cosa sono i movimenti, una cosa sono le forze politiche ed è meglio che rimangano separati. I sindacati europei, a parte in Gran Bretagna o in Svezia, si sono sbilanciati dal punto di vista politico. Il movimento anarchico e quello comunista hanno subordinato le istanze del sindacato a quelle della politica e il risultato lo abbiamo oggi: è negativo.
D. Qual è l'errore alla base?
R. L'università si è indebolita. Ma ad essere in crisi è il modello continentale di un'istruzione pubblica e gratuita.
D. Vince il modello americano?
R. Dal punto di vista organizzativo, forse. In Francia abbiamo avuto una riforma dell'istruzione superiore, soprattutto dei master, che li ha resi più professionalizzanti sul modello statunitense: una riforma positiva.
D. E dal punto di vista economico?
Diciamo che se frequenti le grandi università americane è semplice posizionarsi sul mercato, ma gli studenti di Harvard, delle università di eccellenza, rappresentano solo il 2% del totale.
Le università francesi offrono poco per le professioni scientifiche, tecnologiche e commerciali: non sono preparate ad affrontare il presente. Quindi, il sistema non è adeguato. Ma dal punto di vista economico la nostra dose di investimento pubblico è ancora molto alta.
D. In altri Paesi, però, i tagli sono stati pesanti...
R. Sì, ci sono Paesi che hanno subito una rottura completa con il modello continentale: la Gran Bretagna, ma anche il Québec, in Canada. E persino la Spagna sta imboccando quella strada.
D. Che cosa devono fare gli studenti?
R. Devono protestare forte, il più forte possibile: i giovani, ora, sono la priorità.

«I leader Ue? Investano nell'innovazione»

D. Mario Draghi dice che il modello sociale europeo è morto.
R. Ecco questo è inaccettabile anzi, scusi la parola, indecente (e alza la voce ndr).
D.
Cosa la indigna?
R. Non si possono tagliare gli assegni di disoccupazione quando è senza lavoro un giovane su due come in Spagna. O tagliare le spese mediche, come in Grecia: è irresponsabile.
D. E allora come si fa a tagliare la spesa?
R. Io non sono d'accordo con chi annovera educazione e salute come spese. Per me sono investimenti.
D. Che crisi stiamo vivendo?
R. Ce ne sono tre diverse in una: la prima finanziaria, che è diventata monetaria, che si è trasformata in crisi della crescita.
D. E come ne usciamo?
R. Non abbiamo ancora una ricetta: eurobond o project bond, possiamo discuterne...
D. Che cosa serve per farcela?
R. Dobbiamo aumentare la capacità di produzione della società e quindi far crescere la capacità di produzione dell'individuo. E i giovani in questo hanno un ruolo fondamentale.
D. Dicono che bisogna investire in infrastrutture.
R. Infrastrutture vuol dire anche edilizia sociale, educazione di alto livello, investimenti nei settori ad alto contenuto di innovazione come il medicale. Le infrastrutture che mancano ai Paesi occidentali sono soprattutto tecnologiche: sono quelle immateriali. È vero che abbiamo un problema di spesa pubblica. Ma il problema è la qualità, la tipologia degli investimenti.
D. L'Italia è un rischio per l'Europa?
R. L'economia italiana non va così male. La vostra bilancia commerciale è messa meglio di quella spagnola e di quella francese.
I vostri guai sono la crisi politica, la corruzione, la mafia e la burocrazia.
D. L'Europa si salverà?
R. Beh, per troppo tempo l'Europa non è esistita. Ora, qualcosa si è mosso. Ci sono state anche alcune misure, come dire, sorprendenti, come i 1.000 miliardi che la Bce ha prestato alle banche. Ma c'è stato anche dell'altro: l'Unione ha versato centinaia di miliardi a un Paese come la Grecia, che pur è stato mal amministrato: questo è un passo avanti.
D. Quindi è ottimista?
R. Direi che finora, al di là di tutto, di ogni dibattito possibile, il cittadino europeo dovrebbe chiedere un rafforzamento dell'Europa.

«Gli intellettuali non si fanno sentire. E il dominio del denaro è incontrastato»

D. La politica però langue. Chi potrebbe dare il via al cambiamento?
R. Gli intellettuali dovrebbero aiutare chi sta al governo a uscire dalla subordinazione al potere finanziario. Contribuire a creare nuovi attori sociali che abbiano la potenza di opporsi e lottare contro il dominio del denaro e del capitalismo.
D. Come?
R. Ci vorrebbe una rivoluzione concettuale, pari a quando nacquero il liberalismo e il socialismo. E servono gli intellettuali per proporre nuovi obiettivi di liberazione: politica, sociale, culturale.
D. Invece?
R. Invece non si fanno sentire, si sono scottati, non vogliono essere manipolati...
D. Hanno paura di dire quello che pensano?
R. Ecco, prima di dire qualcosa bisogna pensarlo.
D. Cominci lei. Una nuova idea per l'Europa?
R. La prima è che dovrebbe esistere. Visto che finora non è esistita, il suo scopo attuale è semplicemente avere volontà politica.
D. Qualcuno dice che per superare la globalizzazione bisogna ripartire dalla comunità.
R. Io dico che bisogna ripartire dall'individualità, che ha assunto una centralità inedita, e dalla sua difesa.
D. Per esempio?
R. Il movimento delle donne è un movimento di soggetti individuali che sta ottenendo risultati. E anche quello per i diritti omosessuali. Prima o poi la Chiesa dovrà farci i conti. E anche l'Italia.
D. Quindi che strada propone?
R. Dobbiamo costruire una visione culturale che dia maggiore spazio all'individualità. E riempirla di contenuti economici e politici.
D. Pensa a un nuovo umanesimo?
R. Sarei d'accordo, se la parola umanesimo non significasse che la volontà dell'uomo viene prima di tutto.

«Destra e sinistra sono in ritardo. Dobbiamo inventare forze nuove»

D. La collettività era un valore della sinistra. Che fine ha fatto?
R. La sinistra europea deve uscire da 50 anni di statalismo e burocrazia. E rispondere finalmente a questo capitalismo che per 30 anni non ha avuto oppositori.
D. Può essere un attore del cambiamento storico?
R. In questo momento, serve inventare nuove forze politiche e sociali. Il crollo dell'Unione sovietica ha avuto un effetto dirompente, la sinistra è debole in Italia, in Germania. Conta qualcosa di più in Francia.
D. E la destra?
R. La destra fa più paura della sinistra. L'estrema destra vive dell'ondata di xenofobia che si è radicata in Europa, dall'Olanda alla Francia fino all'Italia della Lega. Comunque destra e sinistra sono in ritardo.
D. Cioè?
R. Entrambe devono lasciare spazio ad altro.
D. In Italia si sta facendo largo Beppe Grillo. Che cosa ne pensa?
R. Lo conosco poco. So che sta iniziando ad avere molta influenza e so che appare come un nuovo “qualunquismo”(dice in italiano ndr).
D. Ma non può essere il superamento di destra e sinistra?
R. Non se è un movimento fondato sulla sfiducia nella rappresentanza politica.
D. Perché?
R. Perché allora diventa un pericolo.
D. Sua figlia Marisol è il nuovo ministro francese degli Affari sociali. Le ha dato dei suggerimenti?
R. No, sarebbe ridicolo.
D. Intendevo qualche consiglio informale.
R. Ah...spero solo che la sua formazione e l'educazione che ha ricevuto in famiglia possano servirle.

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