samedi, juillet 24, 2010

Se il giudice fugge dai giudici

Se il giudice fugge dai giudici

di Peppino Caldarola sabato 24 luglio 2010 ilriformista.it


La battaglia moralizzatrice si arresta davanti alle toghe? Spesso è andata così. Magistrati noti per la loro severità si sono rivelati indulgenti verso i propri colleghi. Questa volta sta andando anche peggio e stiamo assistendo allo spettacolo di un magistrato che per sfuggire alle sanzioni si sta comportando in modo furbesco contando sulle solidarietà di casta. È questo il caso di Alfonso Marra, il magistrato con quel maestoso riportone sul cranio salito agli onori delle cronache in queste ultime settimane.
Marra è presidente della Corte d’Appello di Milano, ma ormai è noto per il coinvolgimento nell’attività della P3, la loggetta di “vecchietti” (la definizione anagrafica è di Berlusconi) che trattava affari e promozioni. La posizione di Marra si è fatta immediatamente insostenibile. Da qui la decisione del prima commissione del Csm di convocarlo e di avviare la procedura di trasferimento d’ufficio. Lunedì Marra sarebbe stato audito dai suoi colleghi e avrebbe potuto spiegare la sua posizione. Ma l’incontro non ci sarà. Il presidente della Corte d’Appello ha fatto sapere che non intende deporre davanti al Csm e non ha fornito alcuna spiegazione di questo rifiuto.
Con singolare contemporaneità si è messa in moto un’altra procedura tesa a salvarlo. Il procuratore generale di Cassazione, Vitaliano Esposito, ha anche lui avviato un inchiesta su Marra senza tuttavia richiedere sanzioni con la conseguenza che l’iniziativa della Cassazione sospenderà il provvedimento ipotizzato dalla prima commissione del Csm. Un marchingegno ben studiato per consentire a Marra di sfuggire alle proprie responsabilità. L’Associazione nazionale magistrati ha protestato vivacemente contro la Cassazione ma ormai la situazione è compromessa.
La decisione di Marra è sicuramente utile ai fini della sua difesa immediata ma getta ombre sui di lui e su quanti stanno favorendo il suo tentativo di sottrarsi a una valutazione delle sue frequentazioni. In primo luogo sconcerta l’iniziativa del procuratore generale della Cassazione che ha scelto di aprire un conflitto molto serio con il Csm e ha agevolato la decisione di Marra di sottrarsi al giudizio dell’organo di autogoverno della magistratura. Colpisce anche che in tutta questa vicenda compaia il nome di Piercamillo Davigo, un tempo magistrato di punta del pool di “Mani Pulite”, spesso rappresentato come uno dei più feroci custodi della moralità pubblica, che ha scelto questa volta di difendere Marra e che non può non aver condiviso la sua fuga davanti alla prima commissione del Csm.
È ragionevole riconoscere a Marra il beneficio di innocenza che spesso i suoi colleghi di Milano non hanno riconosciuto ad altri cittadini da loro inquisiti. Tuttavia lo spettacolo di un alto magistrato che scappa davanti ai suoi giudici invece di deporre con verità e onestà è abbastanza indecoroso. Non è giusto fare di tutta erba un fascio ma se la magistratura non è in grado di affrontare la “questione morale” al proprio interno è difficile immaginare che sia in grado di svolgere il controllo di legalità. Davigo e i suoi ex colleghi del pool non hanno niente da dire?

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