mercredi, octobre 27, 2004

Scempi di reclute e tifosi

Il Foglio 200410206

Scempi di reclute e di tifosi
Algeria e Iraq, due stragi, stesso terrorismo ma con due pesi e due misure
A Medea 16 ragazzi sgozzati e uccisi mentre andavano allo stadio. I media però fanno finta di niente
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Roma. Sedici ragazzi sgozzati e uccisi soltanto perché volevano andare allo stadio. Non è successo in Iraq, ma in Algeria: venerdì sera, due ore dopo il tramonto, in pieno Ramadan, un pullman di giovani tifosi si dirige verso Algeri, per assistere alla partita tra la squadra di Maloudia e quella dell’Unione sportiva musulmana di Algeri. Entrato nella stretta gola di Chiffa, vicino a Sid el Madani, poco dopo la città di Medea, il pullman cade in un’imboscata; alcuni ragazzi vengono decapitati, altri uccisi con un colpo alla nuca, i loro corpi sono cosparsi di benzina e poi bruciati. Una scena simile, quasi identica a quella che 24 ore dopo si svolge vicino a Baquba, in Iraq, dove un pullman di giovani neoarruolati nell’esercito iracheno cade in un’imboscata di terroristi islamici e alle povere reclute è riservata la stessa fine dei giovani tifosi algerini. Due le differenze tra le stragi, identica la logica degli assassini.
La prima differenza salta agli occhi: se uccidere reclute dell’esercito iracheno risponde a una qualche logica, sia pure orribile, perché mai uccidere giovani tifosi algerini? La risposta è tutta nell’ideologia dei terroristi del Gruppo salafita di predicazione e combattimento, che hanno la stessa ideologia dei Talebani e considerano quindi il gioco del calcio un peccato, e vedono nel tifo e nei suoi innocenti riti, la “venerazione di diavoli”, un’apostasia da punire con la morte. La seconda differenza riguarda l’occidente, non le vittime: la strage irachena di Baquba ha aperto infatti telegiornali e giornali di mezzo mondo; quella degli ancora più innocenti ragazzi di Medea, invece, è passata inosservata. Al massimo è stata riportata in un trafiletto di cinque righe, nelle pagine più interne. Pure, è una notizia importante, importantissima, tanto quanto è agghiacciante, perché conferma, con l’atrocità compiuta su quei sedici corpi straziati e oltraggiati, che il terrorismo islamico in Algeria è forte, continua a fare strage, che dopo 13 anni e una repressione feroce, è ormai diventato cronico. In questa conferma c’è anche la spiegazione del così poco rilievo che la strage dei tifosi ha così stranamente trovato sui nostri mass media, del perché nessun direttore di giornale abbia trovato interessante la notizia di un terrorismo islamico che considera il tifo calcistico un peccato da punire con lo sgozzamento e la morte. In Algeria, infatti, non c’è nessun americano, non c’è nessuna guerra, non c’è più nessun ebreo (sono stati costretti a fuggire, a centinaia di migliaia), non c’è nessun israeliano. Né Bush né Sharon possono essere accusati di aver fatto nulla che abbia prodotto terrorismo islamico. In Algeria non c’è questione nazionale aperta. Pure, dal 1991, 150 mila sono le vittime del terrorismo islamico, decine di migliaia sgozzate e decapitate. L’Algeria, insomma, testimonia, anche nell’orrore dell’ennesima strage, che il terrorismo islamico nasce dentro la società musulmana contemporanea, che non è reazione a nulla, neanche alla miseria, ma che è intrinseco a un orrido miraggio salvifico, a una religione, a uno scisma islamico, a una visione del mondo in cui il tifoso di calcio va punito con la morte.

La sospensione della democrazia
L’Algeria testimonia poi il fallimento pieno della “via francese” di contrasto al terrorismo. Dal ’91 in poi, infatti, il governo algerino del Fln, trova a Parigi, in François Mitterrand e poi in Jacques Chirac, un totale stimolo e appoggio alla propria strategia antiterrorista. Strategia che è consistita nell’annullamento del secondo turno di elezioni politiche che il movimento fondamentalista Fis aveva ampiamente vinto al primo turno, e poi in un contrasto solo e unicamente militare del fenomeno. Una strategia opposta a quella applicata in Iraq dagli Stati Uniti: a Baghdad la repressione militare dei terroristi s’interseca con la faticosa costruzione di un traguardo, di una prospettiva elettorale di democrazia. In Algeria, la Francia ha solo appoggiato la sospensione della democrazia e una “guerra sporca” condotta dal governo del Fln, con stragi, migliaia di desaparecidos (ci sono due organizzazioni di scomparsi, oggi riunificate: quella delle vittime dei terroristi e quella delle vittime degli squadroni della morte governativi). Guerra civile e abrogazione di ogni processo di democratizzazione, tanto che alle presidenziali del 9 aprile scorso lo stesso Fnl si è presentato spaccato, con un Abdelaziz Bouteflika rieletto presidente solo per segnare il pieno controllo della lobby militare sul paese.

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