jeudi, octobre 28, 2004

Perché Berlusconi perde - Il Foglio 27/10/2004

Perché Berlusconi perde. Il Foglio 27/10/2004

Il Cav. perde perché non guida il paese. E per gestire l’esistente è meglio il centrosinistra

Si può perdere dopo aver governato in modo chiaro e magari impopolare. Oppure affondare nell’inerzia che non scuote, non smuove e non convince gli elettori che finiscono per disertare le urne. Al centrodestra berlusconiano gli osservatori sono disposti a riconoscere una politica estera palpabile, portata a coerenza nell’alleanza con l’America di George W. Bush. Quanto al governo del paese, il sospetto è che Berlusconi abbia rinunciato. Che le sconfitte elettorali della Cdl segnalino il declino di un appeal costruito sulla promessa di un buon governo e macerato nella prassi del non-governo. Che tra un rinvio e l’altro – l’ultimo sulle aliquote fiscali è arrivato ieri – la maggioranza abbia abdicato al tentativo di autorappresentarsi e proporsi in nome di un programma inconfondibile, un progetto attorno al quale si producono identificazione e divaricazioni, scontro e consenso. Ne è convinto Angelo Panebianco, politologo ed editorialista del Corriere della Sera, interpellato dal Foglio. “Il risultato elettorale milanese parla da solo – nota Panebianco – e dice che per la gestione dell’esistente è più indicato il centrosinistra, erede della coalizione che ha già governato con l’appoggio dei comunisti, che gode della simpatia e dell’appoggio dei gruppi più importanti della società”. Il centrodestra non innova e non seduce, si limita “a mediare nella difficile amministrazione dello status quo. Dunque perde”. Secondo Panebianco è fuori tempo anche l’impresa di raggiungere una riforma fiscale neoreaganiana, seguendo la stella fissa dell’America che taglia le tasse e spende e ingrossa i suoi indici di crescita. “Recuperare credibilità con il taglio delle imposte è difficile nella prassi e ormai da solo non basta. In più, guardando la Finanziaria, si individuano segnali che vanno in tutt’altra direzione”. Risultato: “Un disorientamento diffuso e variegato, che attraversa i liberi professionisti come gli industriali, i quali per definizione non dovrebbero osteggiare un governo di centrodestra, come invece avviene”. Insomma il non-governo di centrodestra “scontenta tutti”, e oggi è per lo più identificabile con un “un premierato diluito, attorno al quale nessuno può ragionevolmente mobilitarsi”. La sua immagine si sovrappone a quella delle grandi riforme solo annunciate o di altre “sbagliate”. Come quella della giustizia “che è in ritardo di tre anni e fa insorgere persino gli avvocati”, dice Panebianco: “Una buona ragione per licenziare il ministro Castelli”. Ecco il punto: se conserva velleità di governo, il Cav. potrebbe far sedere i suoi ministri a un tavolo e giudicarne l’operato: “Questo ministro funziona, per esempio la Moratti. Quest’altro no e si manda via”, propone Panebianco. Fermo restando il sospetto che “Berlusconi non abbia nemmeno una capacità di monitoraggio sul lavoro svolto”.

Lo stato d’animo nel partito del presidente del Consiglio è un po’ sbattuto. E proprio la difficile gestazione del secondo modulo di riforma fiscale viene avvertita come un difetto di credibilità politica. An vuole conservare l’aliquota marginale per i redditi sopra i 300.000 euro al 43 per cento: “E’ poca cosa da un punto di vista del gettito – dice Luigi Casero, responsabile economico di Forza Italia – però simbolicamente è importante. Se la eliminassimo, se l’aliquota massima fosse al 39, potremmo dire che le tasse sono sotto il 40. L’auspicio è che An non insista, ma questa è una coalizione e bisogna tenerne conto”. Non sono gli obblighi di coalizione gli unici responsabili della scarsa incisività di proposta politica spesso inefficace su tutto quello che non è politica estera: “Sì – riconosce Casero – il problema è che la gestione della politica interna tocca degli assetti di potere, degli interessi vivi, delle ingessature sociali. E’ molto più difficile intervenire, ma non è ancora tardi, la partita politica andrebbe comunque ancora giocata, anche senza l’assillo dei risultati elettorali”.

“Alla fine Berlusconi abbasserà le tasse, ma non è solo da questo che si misura la qualità del suo governo”, assicura al Foglio don Gianni Baget Bozzo. Secondo il quale, “a giudicare dalle antipatie riscosse fra gli avversari, non è vero che il centrodestra non abbia governato”. All’obiezione che il “popolo di Berlusconi” (come lui lo definisce) non è andato a votare, Baget Bozzo risponde che “il nostro è un elettorato con motivazioni politiche e non ideologiche, che non ama le elezioni prive di significato generale, come le suppletive, ma al dunque sarà pronto a mobilitarsi per non consegnare l’Italia alla sinistra”. Intanto la Cdl arretra. Il teologo di FI è convinto che le ragioni stiano “nel deficit di felicità dei cittadini di un’Europa che s’impoverisce economicamente, il che penalizza in modo fisiologico le classi dirigenti”. Che qualcosa non funzioni nella maggioranza, tuttavia, lo ammette anche Baget Bozzo: “Nel grande vuoto riempito da Berlusconi, oggi c’è una coalizione in cui ogni partito ha il suo elettorato specifico e guarda al suo orticello. Ma il collante reggerà, come ha retto finora”.

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