mardi, septembre 13, 2011

Il coraggio di cambiare

Il coraggio di cambiare | The Frontpage
di Gabriele Molinari in Pd e dintorni       thefronrpage.it  12 set 2011


Il coraggio di cambiare



Ho comunicato ai responsabili politici provinciali e regionali del Partito Democratico la mia intenzione di non rinnovare la tessera annuale e – conseguentemente – di uscire dal partito.

Questa decisione – che è in ogni caso sofferta e non facile – giunge al termine di una lunga riflessione sul senso e soprattutto sull’opportunità della mia permanenza all’interno di un movimento nel quale ho da tempo difficoltà a riconoscermi. In questi anni sono state infatti molte le occasioni di dissenso rispetto alla linea ufficiale del Pd, e progressivamente la divaricazione tra la proposta politica del partito e i miei convincimenti personali è andata – se possibile – aumentando.

Il Pd ha scelto una linea politica – ammesso che sia poi quella definitiva – che io ritengo nel solco di una sinistra italiana, per così dire, tradizionale. Con ciò rinunciando a quella via, inclusiva e postideologica, che era invece premessa e condizione stessa della nascita del nuovo soggetto politico.

Le posizioni assunte e sostenute in questi ultimi mesi, specie in ambito economico, hanno peraltro consolidato – a mio avviso – questa tendenza. In occasione della tornata referendaria il partito si è impegnato a difesa di una gestione dei beni pubblici di stampo statalista, benché il Paese non abbia più le risorse per sostenerla; recentemente, poi, quale risposta alla manovra finanziaria del governo, manovra fallimentare tanto in prima che in seconda scrittura, ha addirittura proposto la ritassazione (impraticabile) di capitali già tassati. Ancora una volta, quindi, ponendosi nella scia di un populismo inconcludente e non condivisibile; almeno per chi scrive, s’intende. Un populismo che parla spesso “dei” giovani, ma che non parla, né in fondo pensa “ai” giovani.

Una sinistra moderna dovrebbe invece preoccuparsi di guardare alle nuove generazioni non come stereotipo o utile slogan da campagna elettorale, ma come parte del corpo sociale che vive una crisi straordinaria, e che chiede una risposta straordinaria affinché essa non si cronicizzi. A tal riguardo, pensare di continuare a dividere e – di fatto – contrapporre la categoria del lavoro dipendente e quella del lavoro autonomo (spesso anche solo trascurando quest’ultima, o sottovalutandone colpevolmente e le difficoltà e la stessa composizione anagrafica: le partite Iva oggi sono sempre più spesso proprio “quei giovani”!) è e sarà, a mio avviso, una scelta a perdere.

Sorprendentemente, tuttavia, questo Pd “conservatore” non ha neppure avuto il coraggio di sostenere l’ipotesi – del tutto ammissibile, invece, in una situazione di tale eccezionalità – di una tassa patrimoniale, lasciandosi scavalcare a sinistra persino da qualche pezzo di Confindustria.

Proprio questo, in definitiva, voglio dire: che è mancato il coraggio. Che è mancata, e manca, la voglia, o la forza, di rimettere tutto in discussione.

Le mie osservazioni, però, vogliono essere solo esplicative (e mi pare doveroso) di una scelta importante. Non suonino polemiche: innanzitutto perché sarebbe una polemica ormai tardiva, e poi perché – nella mia esigenza di fare chiarezza – c’è in ogni caso il rispetto di un movimento che infatti lascio, coerentemente con quel che scrivo; rinunciando a fronde interne che pure in questi mesi hanno avuto, a livello nazionale, ben più illustri protagonisti. Ma che stimo di scarsa utilità.

Lasciando il partito ho naturalmente rassegnato la dimissioni dagli organismi politici di cui facevo parte (Assemblea regionale e Direzione regionale piemontese), e così pure le rassegnerò dagli incarichi amministrativi ai quali sono acceduto candidandomi, e risultando eletto, nelle liste del Partito democratico (Consiglio comunale di Vercelli).

Anche questa decisione, questioni di opportunità e correttezza a parte, è stata difficile; anzi, la più difficile; ma è evidente che non potrebbe suonare credibile alcun richiamo al coraggio e alla necessità di rimettere tutto in discussione se non ci si dimostrasse disponibili a farlo noi per primi.

Poiché ritengo che nel mio futuro ci sarà ancora un impegno politico, nuovo, è infatti a mio avviso preferibile che non residuino eredità di posti, o di cariche – grandi o piccole che siano – che possano in qualche modo confondere, o mettere in dubbio quella stessa “novità”, e lo spirito che muove ad essa.

La libertà è il cardine dell’impegno politico, insieme alla coerenza; e perché qualcosa di effettivamente nuovo possa cominciare, qualcosa deve finire.

In questi anni ho rispettato le idee di tutti, senza rinunciare a difendere le mie, e a dire quel che penso. E’ quel che voglio continuare a fare. Convinto, in ogni caso, che la politica sia una passione, nella vita; ma non la vita.


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